giovedì 15 luglio 2010

Una sigaretta spenta per terra.

           

            Mauro aveva atteso il momento secondo lui maggiormente opportuno per affrontare anche con se stesso quell’argomento. Erano mesi che non passava dalla strada dove abitava Annalaura, anche se le aveva telefonato quasi ogni sera, certe volte lasciando che lei riattaccasse la cornetta, ma solo per dei modi che qualche volta hanno le donne di fronte a certe domande. Non aveva avuto importanza tutto questo, adesso non rimanevano dubbi, il momento per riassumere ogni cosa, per spiegarsi in maniera completa, era arrivato, lui sapeva di essere pronto.
            Se ci pensava, gli sembrava ancora impossibile che lei, di sua iniziativa, lo avesse lasciato: erano sicuramente stati i parenti a convincerla, su questo anzi non aveva alcun dubbio, lui conosceva bene Annalaura, non avrebbe mai fatto una cosa del genere, e adesso sicuramente aspettava solo l’occasione migliore per dare una pedata a tutti coloro che le stavano attorno, e ricongiungersi con il suo vero amore, lui, l’unica persona che l’amava davvero.
            Restava un dubbio nella sua mente, una semplice sottile perplessità: qualcuno poteva averla convinta a mettersi con un altro, per aiutarla a dimenticarsi di lui forse, e se questo elemento si fosse rivelato fondato, la vita per Mauro non avrebbe più avuto alcun senso, per questo si era portato dentro una tasca la sua vecchia pistola, perché il momento finale era giunto, in qualsiasi caso si fossero poste le cose.
             Quella di andare da lei era una cosa che aveva pensato già mille volte, riuscendo sempre a trattenersi; immaginava la scena con innumerevoli varianti, ognuna che portava comunque a un identico risultato, quello di cui tutti dovevano convincersi, cioè che loro due erano fatti l’uno per l’altra. Se non era più andato a gironzolare intorno al palazzo dove si trovava l’appartamento di Annalaura, era solo per una questione di semplice paura, nient’altro: se l’avesse sorpresa in compagnia di qualcuno, lui non avrebbe mai sopportato una cosa del genere, non avrebbe risposto di sé.
            Infine era arrivato lì, quasi senza pensare a dove realmente stava andando, aveva parcheggiato la macchina, era sceso, si era fermato davanti al portone. Aveva osservato a lungo la fila dei campanelli, come cercando qualche elemento segreto, poi aveva volto lo sguardo su in alto, verso quelle finestre, e lentamente, ma quasi tremando, si era acceso una delle sue sigarette. Era rimasto sospeso, come in attesa, la sua pistola pronta dentro la tasca. Lei stava tornando a casa dopo il lavoro, era arrivata fino a quel marciapiede, lo aveva visto, aveva pensato in un primo tempo di fuggire, ma poi si era fatta forza e lo aveva affrontato.  
            Ciao Annalaura, aveva detto lui abbassando gli occhi; e proprio in quel momento dal lato opposto era arrivata un’altra persona, un uomo, e lei aveva detto con semplicità: questo è il mio fidanzato. Mauro si era sentito gelare, aveva cercato di sorridere, forse di avere un’espressione qualsiasi, ma aveva solo voglia di piangere e di correre via. Infine la sua pistola dentro alla tasca lo aveva fatto ritornare presente. Annalaura parlava ancora, giusto per chiedere solamente: avevi bisogno di qualcosa, Mauro?, e lui aveva risposto di no, che gli era soltanto venuta la voglia di rivederla, anche solo per poco. Poi l’aria si era fatta ancora più pesante, sembrava non ci fosse più ossigeno da respirare, lei dopo una pausa aveva detto semplicemente: ciao Mauro, non ci tornare più da queste parti, e lui capì che doveva obbedire, perché sapeva che Annalaura lo diceva per lui, per il suo bene, perché ancora era lui la persona della sua vita. Si girò, Mauro, per tornare verso la macchina, per andarsene via, così spense a terra la sua sigaretta e sentì un’altra volta la sua pistola in fondo alla tasca. Che stupido, pensò, ho dimenticato persino di mettere dentro i proiettili.


            Bruno Magnolfi

Nessun commento:

Posta un commento