sabato 31 luglio 2010

La pace, in fronte a tutti.

            

            Avevo iniziato a parlare davanti all’assemblea dei soci desiderando spiegare, per quanto mi era possibile, i motivi per cui non avrei potuto presentarmi come candidato alle elezioni, adesso che il nostro vecchio presidente aveva rassegnato le proprie dimissioni per importanti ragioni di salute. Tutti mi avevano applaudito a lungo prima ancora che iniziassi il mio discorso, quasi che la mia elezione a presidente fosse data per scontata, ed io avevo immaginato di inanellare i miei argomenti provando a spiegare con quanto rincrescimento rinunciavo ad una carica di cui non mi sentivo all’altezza e che ritenevo adatta ad una persona più giovane di me, qualcuno che avesse l’entusiasmo necessario per portare avanti le battaglie e proseguire con tenacia i nostri scopi.
            Ma dopo le prime parole mi era accorto di aver perso completamente il filo del discorso, forse perché mi ero distratto, e che all’improvviso le parole, pur continuando ad uscire dalla mia bocca, pareva come non mi appartenessero, quasi che a parlare fosse un’altra persona al posto mio. Cercai di prendere tempo, bere un po’ d’acqua davanti alla platea attenta, ma la chiarezza nella mia mente non parve ritornare. Così cercai aiuto da argomenti consueti che poco avevano a che fare con il senso di ciò che avrei voluto dire, ingarbugliando del tutto le cose e finendo per non spiegare assolutamente niente delle mie ragioni.
            La segretaria dell’associazione allora, forse vedendomi in difficoltà, chiese gentilmente la parola per articolare nei miei confronti una domanda semplice ed essenziale, che riassumeva in modo chiaro ciò che l’assemblea si attendeva dal mio intervento, ma io, al contrario di rispondere e spiegare i motivi per cui non avrei potuto assumere la presidenza pensando addirittura di dimettermi da qualsiasi incarico e forse abbandonare l’associazione, dissi timidamente solo: “si…”, lasciando all’ambiguità più completa l’interpretazione di ogni cosa. L’applauso, partito spontaneo dopo una piccola perplessità, parve coprire qualsiasi altra ragione, cancellando ogni possibile recriminazione su quell’argomento.
            Fu allora che in silenzio mi sollevai dalla sedia di faccia alla platea, feci quattro o cinque passi malfermi per uscire da dietro al tavolo della direzione, e d’improvviso mi lasciai andare a terra, cadendo malamente sui gradini della pedana in mezzo ad una immediata confusione senza pari. Fui prontamente soccorso da tutti i vicini e subito assistito da un medico fortunatamente presente alla riunione, e persi i sensi ma solo per pochi attimi, per poi chiedere di mia moglie, dei miei figli, quasi fossi in fin di vita. Dopo poco arrivò anche un’ambulanza e fui trasferito in ospedale, ma non mi ripresi se non dopo qualche giorno, quando ai medici fu evidente che le mie capacità cerebrali erano ormai inevitabilmente compromesse. Tutti vennero a fare visita al mio letto d’ospedale, in molti mi strinsero la mano, qualcuno parve anche commosso, ma a nessuno venne più in mente di parlarmi della nostra associazione, lasciandomi di fatto finalmente in pace.
 
            Bruno Magnolfi

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