Sono stanca di tutto, diceva la
donna anziana ad una vicina di casa mentre stendeva i panni ad asciugare al
sole sullo spiazzo condominiale. Non mi interessa quasi più di niente, me ne
rendo conto, ma non so che cosa fare per cambiare le cose. Le mie giornate sono
regolate dai compiti di sempre a cui mi sento sottomessa, quello che ho fatto
sempre per tutta la mia vita, qualsiasi cosa differente che si presenti come
una variazione a questa monotonia mi sembra come un nemico della mia esistenza.
Resto in casa quasi tutto il giorno, mi preoccupo di spolverare i mobili, di
spazzare i pavimenti, di cucinare qualcosa da mangiare, ma niente mi procura
neppure una soddisfazione minima. La sera mi siedo davanti alla televisione,
cerco di seguire ciò che viene detto, le notizie e le riflessioni sul mondo e
sulla vita, ma io mi sento sempre più distante da tutte quelle cose, come si
fosse interposto tra me e la realtà un sipario inestinguibile, che non mi
lascia scelte, e mi concede soltanto di proseguire nelle mie giornate, di
essere solo quella che sono, indifferentemente.
Ne ho
parlato con qualcuno, in parrocchia, all’assistente sociale del quartiere, ai
miei nipoti anche se non vengono quasi più a farmi una visita, ma mi sono resa
conto che i miei problemi sono di tutti, perché a tutti sta calando
l’entusiasmo per la vita, non c’è più gusto a tirare avanti così, in qualche
modo, senza pensare che ci può essere un elemento nuovo, magari all’improvviso,
che ci dia un impulso a rinnovarci. Mi
sento di morire un po’ per volta, forse proprio mentre cerco solo di
accondiscendere a quelli che reputo i miei semplici doveri, ma questo non mi fa
paura, anzi, mi sembra quasi una liberazione da tutte queste piccole terribili
cose da cui mi sento circondata.
Mi dispiace
parlarne proprio a lei, così, mentre stendiamo i panni; lei che magari per
chissà quanti anni mi ha visto sempre come una donnetta tra le tante che vivono
in questo quartiere semplice, però forse, proprio perché non ci conosciamo
affatto, se non per l’immagine che ci siamo costruite l’una dell’altra, vivendo
vicine, però distanti, forse qualcosa che ci accomuna c’è, e la comprensione
alla fine può nascere proprio da questo, da una solidarietà tra persone che
soffrono di un medesimo problema. Io non le chiedo niente, se non che mi dia un
cenno, un semplice gesto di comprensione di quello che le ho detto, perché
forse anche solo una cosa così semplice so che può essermi d’aiuto.
Ma in fondo neanche questo importa:
già solo il fatto che lei sia stata qui ad ascoltarmi per me è importante,
anche se non posso guardarla negli occhi, e solo seguire la sua ombra che si
flette sopra queste lenzuola stese al sole, mi creda, per me è già sufficiente.
E poi, se anche scoprirò, magari proprio andando via da qui, che quell’ombra
che mi figuravo una persona che era lei, sarà stata, chissà, quell’albero
laggiù con le sue grandi fronde al vento così piene di foglie, andrà bene lo
stesso, era parlare che mi interessava, niente di più.
Bruno
Magnolfi
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