domenica 1 agosto 2010

L'attesa del presente.

           

            L’attesa lascia il corpo spossato, stanco, sfibrato nello sforzo di ascoltare il silenzio della notte; o magari i segni inequivocabili del giorno, della luce sfavillante, della vita che procede e cambia i colori e i punti di vista, trasformando spesso ogni pensiero senza che se ne riesca a comprendere né il senso né il motivo. Si attende l’alba, poi la sera, si fa una passeggiata senza pensieri, poi un amico che dice cose divertenti, che spazzino via ogni amarezza lasciandoci almeno una flebile speranza.
            Ci si sente soli, certe volte, attenti ad ogni piccolo rumore che ci indichi un elemento nuovo, che ci prospetti una diversità, un pericolo, qualcosa magari da cui fuggire in fretta. Si attende che il destino si compia, senza sapere quali differenze ci si offrano in ogni attimo che giunge. L’attesa: che una qualsiasi novità ci privi di tutto, forse; o di riuscire a stare meglio di così, come l’arrivo di un’eventualità sperata, quasi meritata.
            L’uomo urla per strada la sua angoscia, qualcuno accorre, altri dicono che sono gesti assolutamente privi di significato, degni di persone che hanno perso del tutto l’equilibrio; eppure l’uomo si dispera solo per quell’attimo trascorso, quello di tutti, ma anche quello che nel suo caso ha esaurito ogni sua speranza, qualsiasi possibilità riposta in tutto il suo futuro, quello che ormai, nel gioco impalpabile di un presente che addirittura fugge per ognuno tra le proprie mani, è diventato in un unico momento solo passato.


            Bruno Magnolfi

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