martedì 5 ottobre 2010

Distanze sterminate.

            

Non erano ancora le otto, e nel bar di legno la macchina per fare i caffè era già pronta, in pressione, tanto che Sergio aspettava solo che lo raggiungesse il bagnino dello stabilimento balneare ancora indaffarato sulla spiaggia a sistemare le ultime cose, prima di metterci sotto le solite tazzine di ogni mattina. Era bello a quell’ora osservare il mare e la spiaggia quando ancora non c’era anima viva tra i piedi, quando tutto pareva più calmo, lontano dal caldo e dalla nevrosi che solo due ore più tardi come un virus prendeva chiunque. Non c’era neanche bisogno di parlare a quell’ora: con uno sguardo d’intesa tutto era già chiaro, le poche persone che erano in giro mostravano il desiderio di stare ognuna per suo conto, e così il bagnino che era in ritardo aveva bevuto il suo caffè con due sorsi e una smorfia del viso, e senza fiatare era tornato al lavoro.
            A Sergio piaceva stare là, dietro al bancone di legno, fermo con gli avambracci appoggiati sul piano, ad osservare il mare privo di qualsiasi increspatura, sorridere della giornata che andava a iniziare e pensare qualcosa, senza impegnarsi. Lo aveva baciato, quella donna, quella bionda da sola, proprio quando meno se lo sarebbe aspettato, e lo aveva fatto di propria iniziativa, quasi come un regalo. Lui sapeva che quella non era una persona qualsiasi, lo aveva capito fin da quando gli aveva rivolto la prima parola. E anche quel bacio di nascosto non indicava un bel niente, se non quell’intesa, come tra vecchi amici, tra persone che si capiscono al volo, che non hanno bisogno di niente per sapere ognuna quello che passa nella testa dell’altra.
            All’inizio lui le aveva parlato di sé, della sua vita, ma aveva detto solo le cose che gli piaceva dire un po’ a tutti, giusto per dare un minimo di confidenza ai clienti del bar. Ma quella bionda aveva capito di più, era andata oltre le sue parole, aveva compreso perfettamente che dietro a quel misero banco, a fare i caffè e le spremute, c’era un uomo, una persona sensibile, un vecchio marinaio navigato, con un passato buono solo per essere lasciato alle spalle, proprio come doveva essere quello di lei.
            Quando era giunto il marito, da solo, con una settimana di anticipo, aveva parlato della moglie che doveva arrivare come di una persona in una fase difficile della vita, alla ricerca di un nuovo equilibrio, quasi pronta probabilmente a seguire il primo che le avesse fatto anche solo dei complimenti. Per questo aveva bisogno di lui, del barista, che riuscisse a vedere e a riferirgli al telefono ciò che sarebbe accaduto in quel periodo di vacanza, visto che lui non avrebbe potuto esserci, e per questo semplice compito gli aveva offerto dei soldi. Sergio aveva accettato, cosa mai avrebbe potuto fare? Ma al contrario di quanto gli era stato spiegato, dopo quei pochi giorni, si era presentata una donna cosciente di sé, schiva, disposta a qualsiasi sacrificio pur di conservare quella sua solitudine che accettava quasi come un regalo insperato nella sua vita.
            Sergio si era dispiaciuto di avere accettato quei soldi dal marito, ma non avrebbe più potuto restituirli, sarebbe stato come ammettere che c’era qualcosa di cui non voleva parlare. Aveva anche pensato di dire tutto a lei, alla bionda, del suo patto scellerato con il marito, ma anche questa era una cosa tutt’altro che facile, poteva essere fraintesa; la maniera migliore di comportarsi era lasciare che le cose andassero avanti così, senza preoccuparsene troppo. E infine aveva iniziato a volerle anche bene a quella donna, pensando a quale vita dovesse affrontare con un marito che la faceva addirittura spiare. 
            Poi lei era arrivata, quella mattina, come ogni mattina da quando era lì, in quel posto di mare; lo aveva salutato con cortesia, si era seduta, gli aveva sorriso, aveva lasciato che Sergio preparasse il suo solito caffè. Siamo meteore, aveva detto lui in un soffio, quasi senza averne coscienza; ci sfioriamo, comprendiamo qualcosa l’uno dell’altra, ci rendiamo conto del grande mondo che portiamo dentro di noi, e forse ci basta così, come se non ci fosse bisogno di altro per sapere che ci sentiamo vicini, pur conservando la nostra distanza stellare. Lei lo guardò, prese la tazzina che lui le stava porgendo, rimase un attimo immobile, poi sollevò lo sguardo in un triste, debolissimo sorriso, e disse solo: grazie; senza aggiungere altro.


            Bruno Magnolfi

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