L’uomo
solleva leggermente lo sguardo dall’articolo che ha attratto la sua attenzione
fino ad allora: ha continuato a leggere quella rivista illustrata per più di
dieci minuti tenendola appoggiata sopra le gambe, nonostante in una parte del
suo campo visivo sia avvenuto qualcosa che con ogni probabilità è dato da una
persona che gli è passata silenziosamente davanti per andarsi a sedere, in
quella sala d’attesa. A terra rimane un mozzicone di sigaretta spento,
schiacciato sul pavimento chiaro, di marmo. Quella è la prima cosa che vede,
che cattura il suo sguardo, poi, accanto, si concentra su un paio di scarpe
femminili, piuttosto ordinarie, infine solleva la faccia fino ad osservare per
intero la figura di una donna non magra che sta seduta in modo composto e lo
guarda, quasi con una certa attenzione.
L’uomo
sorride alla donna quando i loro sguardi si incrociano, dice: buongiorno, poi
torna a completare le ultime righe dell’articolo che stava leggendo. Quando
volta la pagina si accorge che la signora seduta di fronte lo sta ancora
guardando. Lui si muove con agitazione sopra la seggiolina di plastica, gira le
pagine della rivista che ha ancora tra le mani, pensa di alzarsi e di dare
un’occhiata fuori dalla finestra in fondo alla sala, ma non lo fa.
Immagina
di avere qualcosa fuori posto, si tocca la faccia, i capelli, getta un’occhiata
sopra ai calzoni, alla giacca, però è quasi sicuro, ancora di più dopo quella
ricognizione, che tutto sia a posto, ma la signora cicciona di fronte continua
a guardarlo, come non esistesse nient’altro degno di osservazione in tutta la
stanza.
Il
silenzio appare pesante, ogni tanto si sente qualche rumore giungere
dall’ambulatorio dentistico in fondo a quel piccolo corridoio, per il resto
tutto è fermo e a riposo. L’uomo cerca qualcosa dentro alla tasca, così tira
fuori un foglietto di carta, raccoglie una penna da sopra il tavolino basso
dove sono appoggiate anche altre riviste oltre quella che ha già sfogliato, e
cerca di scrivere qualcosa, un appunto su una sciocchezza che gli è tornata
alla mente.
La
signora si schiarisce la voce con un colpo di tosse, l’uomo solleva lo sguardo
per vedere se è cambiato qualcosa, ma lei lo sta ancora fissando, sbattendo le
ciglia e restando immobile nella stessa posizione di prima. Allora lui si alza,
mette in tasca il foglietto, appoggia la rivista sopra le altre, muove due
passi fino alla finestra, guarda fuori dai vetri il movimento dei pedoni sui
marciapiedi e le automobili lungo la strada. Gli pare velata di grigio quella
giornata, come se quello fosse il colore della monotonia, dell’ordinarietà,
quasi che niente di interessante potesse avvenire in un giorno del genere.
Torna
a voltarsi verso la sala: la signora lo guarda, non fa neanche finta di
distogliere gli occhi. Lui si guarda le mani come per un gesto nervoso, poi
torna a sedersi. Infine si sente giungere uno scatto dall’ambulatorio
dentistico, la porta si apre, l’assistente chiama un nome che lui non conosce.
La signora si alza, sposta la borsetta che ha tenuto fino ad allora sopra le
gambe, poi dice, con garbo: arrivederci signore, è stato un vero piacere
osservarla in silenzio; vede, per me i gesti, i piccoli movimenti delle mani,
delle gambe, del corpo, interessano più che qualsiasi parola scambiata tanto
per uccidere il tempo; guardarla mi è piaciuto tantissimo, sicuramente lei non
dev’essere una persona qualsiasi.
Bruno
Magnolfi
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