Il
gruppo composto da una decina di braccianti si era fermato davanti alla casa,
tutti parlavano tra loro a bassa voce, ma insieme formavano un certo brusio.
Qualcuno teneva in mano il cappello forse per una forma istintiva di rispetto,
altri pensavano non fosse il caso di mettere le mani dentro alle tasche dei
propri calzoni, e in questo modo tutti tenevano le braccia e le mani callose come
delle appendici inerti, giù lungo i fianchi, in posizione per loro poco
naturale. La giornata era bella, il lavoro li attendeva come ogni giorno, ma
c’era sempre quel problema che si frapponeva alla loro faticosa giornata, ed
adesso erano lì, per la prima volta, a chiedere qualcosa che non sapevano
neanche loro come dire, anche se si sentivano convinti, determinati.
La
casa appariva silenziosa, tutti invidiavano quello stupendo loggiato con le
travi di legno sulla facciata di pietra; e poi quel giardino, quel meraviglioso
pezzo di verde punteggiato dai mille colori dei fiori. Loro si tenevano fuori
dal grande cancello di ferro battuto, ma da lì ai tre gradini che immettevano
direttamente alla casa, ci saranno stati appena quindici metri. A giudicarlo da
fuori, pareva quasi che in casa non ci fosse nessuno, ma loro sapevano che non
era così.
Le
loro richieste erano sciocche, si trattava di avere esattamente il salario che
prendevano i braccianti nelle terre vicine, né uno di più né uno di meno,
perché oramai provavano quasi vergogna quando al sabato sera andavano in paese
e si mettevano a parlare con gli altri operai agricoli. Era una questione di
giustizia, nient’altro, altrimenti erano disposti a stare lì, senza far niente,
con tutto il lavoro che c’era da fare nei campi. Tutti guardavano la porta di
casa, sapevano che il signor Guido tra non molto li avrebbe raggiunti, li
avrebbe guardati uno ad uno, forse con sorpresa, forse con severità. Non
importava, quel che c’era da fare era quello, nient’altro.
Quel
mattino quando si erano ritrovati, dopo giorni che parlavano sempre del
medesimo guaio, qualcuno era stato un po’ titubante, ma adesso anche quei due o
tre avevano preso coraggio, e tutti erano davanti al cancello, meno che Mauro,
il loro caporale, che comprensibilmente era rimasto nel magazzino. Erano quasi
le nove, lentamente il portone di casa si era aperto, provocando immediato
silenzio tra loro. Erano subito usciti il signor Guido e suo figlio, avevano
richiuso la porta alle spalle, poi erano andati verso il cancello.
Cosa
succede, aveva detto il signor Guido fermandosi a tre o quattro metri; forse
non avete più la necessità di lavorare per me? Mi fa piacere per voi, ma per
quanto mi riguarda a me non importa, diceva tutto di un fiato ma scandendo con
accuratezza ogni parola, sono già in trattative per prendere altri braccianti,
sostituire voialtri, perché tanto da voi non c’è da attendersi che
comportamenti spiacevoli. Era una decisione che avevo già preso insieme a mio
figlio, che da oggi si occuperà assieme a me dei lavori, non è vero Giovanni?
Certo
papà, disse con voce decisa il ragazzo, non vedo assolutamente perché dovremmo
perdere tempo con queste persone: c’è del lavoro da fare giù nei campi, è bene
che qualcuno lo faccia, senza tanti tentennamenti. I braccianti cercarono di
dire qualcosa a quel punto, ma si misero assurdamente a parlare tutti assieme,
componendo una confusione incomprensibile, e in quella il signor Guido e suo
figlio Giovanni si voltarono indietro, come se non avessero da ascoltare niente
e nessuno, riprendendo il vialetto fino alla casa e sparendo dietro al portone.
Bruno
Magnolfi
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