Il mio
Carlo esce di casa ogni sera. Non tarda mai troppo a rientrare, ma siccome gli
dispiace che rimanga ancora alzata ad aspettarlo, allora vado a letto e spengo
anche la luce sul mio comodino. Lui dice che sono una gran dormigliona, ma non
è esattamente così. Lo faccio per lui, per non metterlo in imbarazzo. A me
addirittura piacerebbe leggere qualche pagina di uno dei miei romanzetti rosa
prima di addormentarmi, ma non voglio lasciargli pensare che ci perdo del tempo
dietro a quelle sciocchezze, tutte con il lieto fine, come piacciono a me.
Certe
volte chiedo al mio Carlo di rimanere in casa con me, invece di andarsene al
suo solito bar; almeno questo sabato sera, gli faccio, ci piazziamo io e te
davanti alla nostra televisione e ci godiamo una bella serata. Lui ci pensa un
po’, infine dice: va bene, però scegli qualche programma che non mi faccia
venire subito sonno, altrimenti inizio a russare e la faccenda è immediatamente
conclusa.
Qualche
volta, tanto per dire, mi diverto a stuzzicare il mio Carlo; gli dico: ma che
ci sarà mai in quel bar dove ti trovi con tutti i tuoi amici, dopo che avete
fatto una partita alle carte o anche due non vi sembra che tutto diventi
monotono? Lui ci pensa, poi dice: hai proprio ragione, in fondo in quel bar
siamo sempre gli stessi a sfidarci alle carte, potrei cambiare un po’, andare
da qualche altra parte, magari in un altro locale. Io lo lascio parlare, tanto
lo so che lui è un tipo che se si abitua a una cosa non la cambia neppure se
deve, così so benissimo che le sue sono solo parole.
Poi una sera, mentre ancora stiamo cenando, mi
fa: stasera resto in casa con te, che ne dici? Io spalanco gli occhi, gli
chiedo cosa sia tutta questa novità, ma lui fa spallucce e subito cerca di
cambiare argomento. Ho l’impressione che ti sia litigato con qualcuno, faccio
io, sto sbagliando? Lui si alza dalla sedia con modi nervosi, poi mi dice in
maniera alterata: va bene se proprio non vuoi che stia in casa con te, vuol
dire che andrò a farmi una passeggiata da solo qua attorno. Io non dico più
niente, lo lascio fare, ma mi sembra che stia cambiando qualcosa tra i suoi
pensieri, e questo mi lascia perplessa.
Le
sere seguenti tutto riprende le abitudini di sempre, io non gli chiedo più niente
al mio Carlo, tanto per non irritarlo e lasciare che scelga le cose migliori
per sé, senza che io gli faccia domande o che sembri pettegola. Poi arriva una
volta che lui non rientra. Mi sveglio al mattino, e dalla sua parte del letto
scopro che lui non ci si è coricato. Mi preoccupo, aspetto ancora del tempo,
infine telefono al magazzino dove lavora e chiedo di lui. Mi dicono che c’è, ma
che è occupato e richiamerà lui più tardi. Quando poi chiama Carlo mi dice
subito che gli dispiace, c’è stata una discussione, le cose sono andate un po’
per le lunghe, così, agitato com’ero, mi fa, ho pensato di non venire a
disturbare il tuo sonno, e ho dormito dentro la macchina.
Il
pomeriggio, quando ritorna, il mio Carlo ha qualcosa con sé, una scatola di
cioccolatini. Mi dice: volevo scusarmi per ieri, mi fa, ma adesso ho capito che
hai proprio ragione, non è il caso che perda ancora del tempo in quel bar dove
c’è gente che non perde occasione per attaccar briga. Così ho pensato di
iniziare a frequentare un altro caffè con una fama migliore, mi fa, uno dove ci
sono anche i biliardi: è soltanto un po’ lontano da casa, mi ci vorrà mezz’ora
di più per andare e tornare, ma si sa, quando si cerca di migliorare, bisogna
pur sentirsi disposti ad affrontare qualche piccolo sacrificio.
Bruno
Magnolfi
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