venerdì 1 ottobre 2010

Scena n. 5. Una donna a metà.

            

            Un unico faro illuminava tutto lo spazio tagliandolo in diagonale. Pur vuoto il palco, completamente disadorno ma con quella luce così penetrante, appariva un luogo denso di suggestioni, dove si erano come concentrati tanti piccoli frammenti di vicende, pronte a scatenarsi, come se tutto, da lì a poco, su quel pavimento di legno, avesse potuto accadere.
            Una donna era entrata nel fascio di luce muovendosi con grande lentezza, tenendosi le mani, osservandosi attorno con lo sguardo perplesso, l’abbigliamento poco curato, incerta di sé. Aveva raggiunto la zona centrale di tutta la scena, si era fermata, aveva fissato lo sguardo in avanti, poi, come se niente lo richiedesse, se non un suo desiderio profondo, aveva iniziato a parlare:
            La mia storia è una storia qualsiasi, aveva detto; una vicenda di molti anni fa, di quelle che non vale neanche la pena star qui ad ascoltare. Ma proprio per questo a me pare importante. Avevo vent’anni e un amore segreto, uno di quelli che annullano ogni altra cosa, ed era andato avanti per quasi un anno, ma poi tutto era svanito, in pochi giorni, come cancellando ogni traccia di sé. Mi ero subito stretta in me stessa, ai ricordi che avevo, a ciò che ancora sentivo nel profondo di quel pazzo amore che non mi rassegnavo ad avere perduto.
            Persi anche la ragione in quei giorni, mi trovarono nei luoghi più strani, da sola, ad alimentare immagini che vedevo solo io, delle quali pareva non potessi neppure fare a meno. Chi non ha mai provato qualcosa del genere, penso adesso, eppure a me pareva in quei giorni che non sarei mai riuscita a superare un dolore del genere. Chiusi gli occhi, strinsi i pugni e cercai dentro di me la forza di cui avevo bisogno.
            Accadde qualcosa, ne sono sicura, ma non saprei spiegare effettivamente che cosa. Mi sentii improvvisamente diversa, come se tutto fosse rimasto alle spalle. Mi sentii quasi libera da quel dolore fino ad allora provato, il mio desiderio era stato così forte, così intenso che una specie di anestesia era come venuta in soccorso. In pochi giorni riuscii a riprendere completa padronanza dei miei interessi, ripresi a fare le cose che avevo sempre fatto, e tutti si rallegrarono della mia condizione così ritrovata.
            Guardatemi oggi, sono solo una povera donna, da quel giorno non ho più avuto la capacità di innamorarmi di nuovo: forse quella volta fuggì da me la possibilità stessa di essere donna, di provare dei sentimenti, e non ho più avuto la capacità di sentirmi di nuovo la persona innamorata che ero stata una volta.

            Bruno Magnolfi



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