L’appuntamento
era fissato in una larga piazzola panoramica accanto alla strada provinciale,
subito fuori città, all’apice di una bassa collina; vi si trovavano alcune
panchine di legno dove era possibile sedersi ad osservare un pezzo di aperta
campagna, nelle giornate di sole, ed era bello attardarsi là sopra, come se il
tempo perdesse di consistenza, limitandosi a far calare la sera, alla fine di
quei pomeriggi, ma con una piacevole calma. Già altre volte lui e lei si erano
ritrovati su quelle panchine, a parlare, a scambiare le proprie opinioni, a
cercare, quasi fondendosi tra loro e in quel panorama, di uscire fuori dalla
loro diversa e ordinaria realtà.
A
lui piaceva arrivare in anticipo, restare qualche minuto da solo ad osservare
le cose, rimanersene in piedi appoggiato alla staccionata di legno, con le
spalle coperte da una siepe che divideva quel luogo dal tracciato stradale.
Pensava a se stesso, a lei, al loro incontrarsi, senza dare giudizi su niente,
solo immaginando i loro sorrisi incontrandosi, il loro abbracciarsi,
quell’immediato ricostituire ogni momento che avevano passato distanti, sin
dall’ultima volta che si erano incontrati.
Lui
stava lì, e gli era piacevole allungare a dismisura quel momento, come
lasciandolo intrappolato tra il desiderio di rivederla al più presto, ed il
leggero bisogno di preparare i suoi sentimenti alla vista di lei. Restava lì,
appoggiato con gli avambracci su quel corrimano, e con gli occhi persi in
quella campagna, a cercare le sfumature di grigio nella distanza che fondeva la
terra col cielo. Si sentiva felice in quel momento, quasi come se un tremore,
di chissà quale natura, ma tutta elaborata dentro se stesso, arrivasse tra un
attimo a sconvolgere insieme a lei qualsiasi sua aspettativa, stravolgendo ciò
che aveva immaginato a favore della realtà.
Scommetteva
su quel momento, ne avvertiva il suo approssimarsi, evitava di girarsi per
scoprirla mentre stava arrivando, e al contrario lasciava volutamente che fosse
lei a sorprenderlo solo, immerso in quella visione aperta su tutto e su niente,
come se una scoperta inattesa tingesse di colori meravigliosi quel loro
incontro. Sognava quasi il momento, e proiettava ogni sua immagine attorno a
cose minori: cosa si sarebbero detti, come si sarebbero guardati, quanto
desiderio ognuno dell’altra sarebbe stato possibile trasmettersi con un
semplice gesto, forse soltanto con uno sguardo.
Infine
lei era lì, fermava la sua automobile a ridosso della siepe, tirava il freno di
stazionamento, scendeva dall’abitacolo, con calma, con i suoi soliti modi
compassati, di chi non vuole sbagliare. Lui si voltava, osservava il suo abito,
la fisionomia, le andava incontro, felice di tutto, come se niente ci fosse di
diverso da ciò che aveva vagheggiato fino ad allora. Si prendevano le mani, si
salutavano, sorridendo, quasi senza riuscire a contenere le loro espressioni
deliziate di quel ritrovarsi esattamente come avevano tanto desiderato.
Niente
sembrava valere quel loro momento, se non quella campagna, quel luogo qualsiasi
appena fuori città, quell’ora calda del pomeriggio, quando il giorno è ancora
pieno, denso di cose da pensare e da dire, quando è ancora possibile
immaginarsi e sognare qualcosa di superiore ad un semplice appuntamento. La strada,
oltre la siepe, restava la stessa, con il suo traffico abbastanza rarefatto a
quell’ora, quelle automobili in corsa verso qualcosa: loro due si sentivano
fuori da tutto, almeno quando erano lì, in quella piazzola appoggiata sul
mondo, come se fosse possibile scavare un piccolo nido fuori da tutto, un
angolo fuori dalla vita di sempre, e lasciare che il resto di tutte le cose si
disinteressasse di loro.
Bruno
Magnolfi
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