giovedì 4 novembre 2010

Piccole ordinarie abitudini.

            

Il signor Cesare e sua moglie uscirono di casa per tempo, in modo da avere la possibilità di cercare con calma la strada e la casa dove abitavano i coniugi Bangi, naturalmente in base alle indicazioni che gli avevano fornito quei due nuovi amici, parcheggiare l’automobile con calma, e suonare il campanello all’ora convenuta per il loro appuntamento. Si erano conosciuti soltanto un paio di settimane più addietro, in occasione di una piccola mostra di quadri, niente di particolarmente importante, una collettiva di studenti promettenti dell’Accademia delle Belle Arti, che avevano esposto alcuni loro lavori in una piccola galleria lungo il corso, dove in molti erano entrati per caso, e solo alcuni per curiosità.
Alcuni apprezzamenti generosi scambiati davanti alle tele li avevano portati a presentarsi, e così quando infine erano usciti dalla galleria non avevano trovato niente di meglio da fare che andare insieme in un caffè lì vicino. Si erano seduti, avevano parlato di tutto senza entrare mai troppo dentro ai dettagli, e avevano dimostrato l’un l’altro di condurre una vita sufficientemente analoga, tanto da scambiarsi i numeri di telefono e  decidere di rivedersi, magari per una piacevole cena. Così il signor Cesare aveva acquistato quel pomeriggio un paio di costose bottiglie di vino, e insieme a sua moglie, passata dal parrucchiere per l’occasione, erano arrivati fin lì, in quella stradina un po’ oscura, giungendo di fronte ad alcune abitazioni forse diverse da quelle che si sarebbero attesi.
Buonasera, disse lui alla signora Bangi appena lei gli ebbe aperto; siamo arrivati, spero solo non sia troppo presto. Niente affatto, rispose lei con una largo sorriso, mio marito al contrario stava già diventando un po’ ansioso, fatevi avanti. Il signor Cesare strinse la mano al signor Bangi mentre le loro signore si facevano dei complimenti, e una volta tolti i soprabiti andarono tutti a sedersi in un salottino, davanti ad un tavolo basso da fumo. Sono contento, disse subito il signor Bangi; adesso possiamo davvero fare quattro chiacchiere con calma e conoscerci meglio. Sua moglie portando nell’altra stanza il sacchetto di carta con dentro le due bottiglie di vino, si era subito premurata di tornare assieme ad un largo vassoio con gli apertivi, aveva appoggiato tutto quanto sul tavolo basso, e aveva incoraggiato gli ospiti a servirsi di tutto.
Poi, quando ogni complimento apparve forzato e gli argomenti iniziarono a farsi carenti, decisero tutti di spostarsi in sala da pranzo, dove ogni cosa sembrava già pronta, e la signora di casa aveva già sapientemente deciso dove far sedere i suoi ospiti, evitando imbarazzi. Sparì giusto un attimo, solo per ritornare con degli antipasti e le bottiglie di vino già aperte. Il signor Cesare a quel punto ebbe come una perplessità, e chiese del bagno. Sua moglie, dopo che lui si era allontanato dal tavolo, disse solo che era un inguaribile igienista, e non gli riusciva di mettersi a tavola senza essersi accuratamente lavato le mani.
Fu a quel punto che le cose parvero imbrogliarsi. Tornò il signor Cesare scusandosi, ma la signora Bangi disse che non era bello mostrare di credere la loro una casa poco pulita, anche se lo disse ridendo. Chi ha mai detto una cosa del genere, rispose con energia la moglie del signor Cesare. Forse lo avete soltanto pensato, aggiunse con poca voce il signor Bangi, che in genere amava stare in silenzio se gli altri avevano voglia di parlare, ma che in quel caso voleva dire la sua. Vedete, disse il signor Cesare con il fare di chi deve dire una cosa importante; è una mia debolezza dare sempre un’occhiata nel bagno; è da lì che si capiscono tante abitudini, anche se sembra antipatico questo comportamento.
I Bangi restarono in silenzio senza riuscire a dire niente, si guardarono pensando ambedue che il mondo era composto di tante persone diverse, e cercarono di mandare avanti la cena. La moglie del signor Cesare, invece, la quale non voleva far apparire il marito soltanto un ficcanaso, riprese la parola solo per dire: in fondo, ognuno di noi, ha le proprie abitudini. Ma questo apprezzamento non fece altro che innervosire la signora Bangi, che rispose di botto: ma insomma, è un’indagine quella che siete venuti a svolgere a casa nostra stasera? Il signor Cesare lentamente e con serietà si sollevò dalla sedia, ma solo per dire: che c’è di male, forse ci nascondete qualcosa? Tutti gli altri si alzarono da tavola a quel punto, e il signor Bangi si proiettò con decisione verso la porta, mostrando, sia con quel gesto che con l’espressione che aveva assunto, che sarebbe stato contento se i due ospiti avessero abbandonato la casa. Sua moglie in un lampo spuntò con i soprabiti, e i due uscirono fuori, quasi neppure salutando.
Non mi piace questo quartiere, disse il signor Cesare a sua moglie una volta fuori da lì; queste case sembrano sporche, e le persone che vi abitano, sicuramente, non devono proprio esserne di meno.    


Bruno Magnolfi

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