mercoledì 10 novembre 2010

Pianto di noia.

           

            Lei stava seduta, una rivista aperta davanti agli occhi, fingeva di leggere, o forse scorreva le righe ma senza interesse, riflettendo di fatto sugli accadimenti di quegli ultimi giorni, che avevano visto alcune discussioni animate. Da dietro le tende appena scostate le due grandi finestre della stanza mostravano una bella giornata, e una luce diffusa, piacevole e calda, arrivava da fuori, dando mostra di sé in tutta la casa. Lui, lentamente e in silenzio, era entrato dal corridoio tenendo con la mano una tazza di caffè, quindi l’aveva appoggiata sul tavolo, poi si era seduto, osservando per un attimo i capelli sciolti e voluminosi di lei, che gli dava le spalle, quasi alla ricerca di un solitario raccoglimento.
            Forse ti andrebbe di uscire?, aveva detto, giusto per evidenziare la sua presenza dentro la stanza, già sapendo perfettamente quale sarebbe stata la risposta di lei, sempre che avesse sentito la volontà di rispondergli. No, non credo, disse la donna, tagliando corto. Ho bisogno di dedicami alla casa, piuttosto che preoccuparmi di andarmene in giro. Lui non amava affrontare in modo brusco le cose, così rimase in silenzio sorseggiando il caffè. Poi si alzò, raggiunse una finestra per osservare qualcosa fuori dai vetri, sorrise leggermente, come a mostrare una certa sopportazione del clima in cui era costretto a passare le giornate.
            Lei si sollevò, appoggiando la rivista sulla poltrona, e uscì dalla stanza senza aggiungere altro. Lui rimase fermo a guardare dei ragazzi che giocavano sul marciapiede di fronte alla casa, poi ritornò verso il tavolo, si sedette di nuovo e aprì il libro che aveva abbandonato la sera precedente. Lesse svogliatamente qualche riga senza concentrazione, poi sollevò lo sguardo dalle pagine, giusto per seguire i movimenti di lei che era rientrata dentro la stanza.        
            Credo che dovremmo parlare di noi, disse la donna, con un tono che dava estrema importanza alla frase. Non mi pare che le nostre discussioni continue ci permettano di andare avanti con indifferenza. Lui chiuse il libro, lo appoggiò sopra al tavolo, si sollevò dalla sedia. Sapeva che le cose affrontate in quella maniera portavano solamente a controversie infinite, così prese la tazza del caffè ormai vuota e la portò nella cucina, restando in silenzio. Quando tornò vide che lei si era seduta sulla poltrona, nella stessa esatta posizione in cui era prima, così si avvicinò, e appoggiando una mano sullo schienale, disse: forse siamo solamente annoiati di noi stessi.
Lei rimase immobile, lo sguardo verso la finestra, come se una soluzione forse potesse giungere soltanto da quella parte. Si sentivano ogni tanto le grida dei ragazzi che continuavano a giocare sul marciapiede, ma era l’unico sprazzo di vita che giungeva da fuori. Si alzò lentamente dalla poltrona, raggiunse i vetri per guardare la strada di fronte, sempre poco frequentata, poi sentì una mano di lui che le prendeva delicatamente un braccio all’altezza del gomito. Quando si volse si trovò vicinissima a lui, si sfiorarono lentamente le guance e le labbra, poi lei si accorse di piangere, senza che niente fino ad allora ne avesse mostrata la voglia.  


Bruno Magnolfi

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