Lei
stava seduta, una rivista aperta davanti agli occhi, fingeva di leggere, o
forse scorreva le righe ma senza interesse, riflettendo di fatto sugli
accadimenti di quegli ultimi giorni, che avevano visto alcune discussioni
animate. Da dietro le tende appena scostate le due grandi finestre della stanza
mostravano una bella giornata, e una luce diffusa, piacevole e calda, arrivava
da fuori, dando mostra di sé in tutta la casa. Lui, lentamente e in silenzio, era
entrato dal corridoio tenendo con la mano una tazza di caffè, quindi l’aveva
appoggiata sul tavolo, poi si era seduto, osservando per un attimo i capelli
sciolti e voluminosi di lei, che gli dava le spalle, quasi alla ricerca di un
solitario raccoglimento.
Forse
ti andrebbe di uscire?, aveva detto, giusto per evidenziare la sua presenza
dentro la stanza, già sapendo perfettamente quale sarebbe stata la risposta di
lei, sempre che avesse sentito la volontà di rispondergli. No, non credo, disse
la donna, tagliando corto. Ho bisogno di dedicami alla casa, piuttosto che
preoccuparmi di andarmene in giro. Lui non amava affrontare in modo brusco le
cose, così rimase in silenzio sorseggiando il caffè. Poi si alzò, raggiunse una
finestra per osservare qualcosa fuori dai vetri, sorrise leggermente, come a
mostrare una certa sopportazione del clima in cui era costretto a passare le
giornate.
Lei
si sollevò, appoggiando la rivista sulla poltrona, e uscì dalla stanza senza
aggiungere altro. Lui rimase fermo a guardare dei ragazzi che giocavano sul
marciapiede di fronte alla casa, poi ritornò verso il tavolo, si sedette di
nuovo e aprì il libro che aveva abbandonato la sera precedente. Lesse
svogliatamente qualche riga senza concentrazione, poi sollevò lo sguardo dalle
pagine, giusto per seguire i movimenti di lei che era rientrata dentro la
stanza.
Credo
che dovremmo parlare di noi, disse la donna, con un tono che dava estrema
importanza alla frase. Non mi pare che le nostre discussioni continue ci
permettano di andare avanti con indifferenza. Lui chiuse il libro, lo appoggiò
sopra al tavolo, si sollevò dalla sedia. Sapeva che le cose affrontate in
quella maniera portavano solamente a controversie infinite, così prese la tazza
del caffè ormai vuota e la portò nella cucina, restando in silenzio. Quando
tornò vide che lei si era seduta sulla poltrona, nella stessa esatta posizione
in cui era prima, così si avvicinò, e appoggiando una mano sullo schienale,
disse: forse siamo solamente annoiati di noi stessi.
Lei rimase
immobile, lo sguardo verso la finestra, come se una soluzione forse potesse
giungere soltanto da quella parte. Si sentivano ogni tanto le grida dei ragazzi
che continuavano a giocare sul marciapiede, ma era l’unico sprazzo di vita che
giungeva da fuori. Si alzò lentamente dalla poltrona, raggiunse i vetri per
guardare la strada di fronte, sempre poco frequentata, poi sentì una mano di
lui che le prendeva delicatamente un braccio all’altezza del gomito. Quando si
volse si trovò vicinissima a lui, si sfiorarono lentamente le guance e le
labbra, poi lei si accorse di piangere, senza che niente fino ad allora ne
avesse mostrata la voglia.
Bruno Magnolfi
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