Forse
è tutto inutile. Sto qua, sopra questa panchina al margine del viale, e osservo
la gente che passa a piedi lungo l’ampio marciapiede, per andarsene in fretta
chissà dove. Le auto continuano a rincorrersi lungo la carreggiata, e gli
alberi intorno a me sembrano immobili, pazienti, quasi rassegnati. Non soffro
di solitudine, mi piace stare qui a vedere gli altri che sfilano via da una
parte o dall’altra, sono loro, secondo me, che si muovono quasi inutilmente.
Poi
arriva una donna, si accende con calma una sigaretta, fermandosi in piedi a
pochi passi dalla mia panchina, quindi aspira una profonda boccata, guarda
avanti, mi vede, infine decide di sedersi al mio fianco. Non dice niente, si
vede che non ha alcuna voglia di parlare, continua a fumare e a guardare la
porzione di questo viale che si allunga da una parte e dall’altra circondata
dagli alberi. Poco più avanti c’è una fermata dell’autobus, e qualche persona
sta lì ad attendere la sua vettura, ma sono tutti distanti.
La
donna tira fuori qualcosa dalla sua borsa, forse un diario, scrive in fretta
delle parole sopra a una pagina, quindi richiude il quaderno e aspira le ultime
boccate dalla sua sigaretta. Infine getta a terra quel mozzicone e lo schiaccia
col piede. Io non la guardo, avverto i suoi movimenti, quel suo sfaccendare, e
proseguo indifferente con le mie riflessioni.
Lei
torna a tirar fuori il quaderno, lo apre ad una pagina precisa, cercandola con
le sue dita gialle di nicotina, poi, come fosse da sola, legge a voce alta una
frase, un pensiero, qualcosa che forse ha scritto per sé, ma che adesso
probabilmente vuol condividere. Finisce, chiude il quaderno, io non dico
niente, lei non si volta neppure. Ha ragione, penso, non ha alcuna importanza
dirsi qualcosa, potrei dire che apprezzo il suo modo di incorniciare i
pensieri, ma mi sembra di sciupare qualcosa dicendolo.
La
donna resta ancora qualche minuto, infine si alza, si accende una nuova
sigaretta con calma, poi si allontana, portandosi dietro tutti i pensieri
fermati dentro al quaderno. Aspetto un minuto, forse due, rifletto un attimo
ancora su tutto ciò da cui mi sento improvvisamente coinvolto, mi alzo in piedi
con calma infinita e mi giro. Osservo la donna ormai quasi distante che ha già
superato il gruppo di persone che aspettano l’autobus, abbozzo i primi passi
per cercare di raggiungerla, poi aumento subito l’andatura, preoccupato di
perdere una traccia importante.
Ad
un tratto mi pare quasi di correre, per niente al mondo adesso vorrei lasciar
dissolvere un segnale del genere, infine raggiungo la donna, la affianco, mi
fermo. Lei si ferma a sua volta, si volge verso di me, non cambia espressione, ma
dice soltanto: tornerò ancora domani, alla medesima ora, a leggerle di nuovo qualcosa
dei miei appunti.
Bruno
Magnolfi
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