Avevo
la febbre quel giorno, e la mia faccia doveva avere un’espressione contorta
mentre continuavo a ridere nervosamente senza motivo. Restavo alla fermata, in
attesa, come gli altri, sicuro che tutti là attorno mi osservassero come si
osserva un pazzoide. Non mi importava, neanche io sapevo che cosa stessi
facendo, e neppure dove dovessi recarmi, però mi stringevo dentro alle spalle e
davo corso ai miei pensieri, alle mie incomprensibili voglie.
Salii sopra
l’autobus appena il mezzo aprì le porte pneumatiche, guardai con una rapida
occhiata le poche persone là sopra, poi mi sedetti di fronte ad una donna che
mi fissò per qualche secondo. Subito dopo quella strana signora con una buffa
sciarpa attorno alle spalle ebbe un moto come di preoccupazione, si toccò
leggermente la fronte, tornò ad osservarmi, quindi si alzò da dove si trovava avviandosi
verso l’uscita. Sentii come scendere una calma improvvisa e momentanea dentro
di me, mi volsi senza un motivo, osservai con occhi appannati fuori dai vetri
il gruppo di palazzi a cui stavamo passando vicino, ed ebbi la forte
impressione di trovarmi in un luogo e in una città a me sconosciuti.
La
giornata era grigia, l’asfalto appariva umido anche se non pioveva; rimasi
ancora un minuto seduto, infine mi alzai spostandomi vicino all’autista. Devo
scendere alla fermata dopo al mercato, dissi strascicando le parole ma come
fosse la cosa più importante del mondo. Quale mercato, rispose l’autista che
continuava a guidare con estrema tranquillità; da queste parti non ce ne sono
di mercati, o almeno io non ne conosco. Va bene, risposi, spostandomi con
estrema difficoltà verso l’uscita.
L’autobus
ebbe un sussulto rallentando, infine si fermò. Scesi, e quando fui sopra al
marciapiede mi accasciai subito a terra, colpito da un dolore fortissimo. La
donna di prima, con la strana sciarpa sopra le spalle, mi era vicino, mi
guardava, pareva quasi felice del mio stare male. Tutti mi fissavano ma nessuno
aveva il coraggio di toccarmi, né di chiedere di che cosa avessi bisogno. Mi
sentivo un estraneo, lontano da tutto, non riuscivo neppure a pensare come
comportarmi, cosa chiedere per farmi aiutare. Mi rialzai da solo, con uno
sforzo notevole, e mi allontanai barcollando lungo quel marciapiede. Incontravo
persone che si fermavano a guardare che cosa facessi, come se tutto nel mio
aspetto fosse fuori da qualsiasi logica minimamente accettabile.
In
fondo le città sono tutte identiche, pensavo mentre continuavo a camminare
senza una meta precisa; ci convinciamo di essere parte di qualcosa solo perché
abbiamo paura di essere soli, e anche se sappiamo di esserlo - isolati, senza
riferimenti - fingiamo che gli altri siano solidali con noi; invece è vero che
ognuno pensa a se stesso, e ci aiuta soltanto in casi sporadici, forse perché
in rare occasioni non riesce a mostrarsi del tutto indifferente. Nel mio caso la
gente mi guardava, ma solo per fare attenzione a scansarmi, come non fossi uno
di loro, uno identico a loro.
Cercavo
di sorreggermi anche con le mani, appoggiandole ai muri delle case vicine, e strisciavo
lentamente in quella maniera pensando a cosa mi sarebbe stato possibile fare,
ma senza riuscire a trovare nessuna soluzione, se non andare avanti, sperare in
qualcosa, qualsiasi cosa fosse. Vidi la medesima donna con la sciarpa che
adesso mi seguiva, pareva divertirsi cinicamente con le mie difficoltà, così
feci un gesto di sfida verso di lei, a cui seguì una delle mie risate nervose.
Vidi
una piccola chiesa aperta a fianco del marciapiede: pensai di entrare là
dentro, chiedere aiuto a qualcuno dei fedeli, poi mi resi conto che non c’era
nessuno, che era deserta, così passai oltre. I locali pubblici al contrario
erano pieni di gente che beveva e si divertiva, ma nessuno di loro avrebbe mai
mosso un dito per me, era del tutto evidente. Infine, con le ultime forze
rimaste, girai ad un angolo che immetteva in una strada minore, poco
frequentata, e con sorpresa mi trovai davanti alla mia porta di casa. Frugai
dentro alle tasche trovando anche la chiave, così entrai. Ero a casa, ero
salvo, pensavo: potevo chiamare il mio medico, mettermi a letto, farmi curare,
potevo fare ciò che volevo, perché tanto ormai l’inferno era rimasto alle mie spalle.
Bruno
Magnolfi
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