Le cose a
volte galleggiano sulla superficie dell’acqua, si muovono lentamente spinte da
una leggerissima brezza. Non ha alcun senso preoccuparsi della direzione che
possono prendere, la loro natura è di andare, restare in balia di elementi
fuori dal nostro controllo, senza che nulla possa cambiare questa semplice
condizione.
Nella
clinica psichiatrica la donna osservava una pietra sul muro di fronte, una
pietra liscia, gialla, ai suoi occhi l’unico oggetto importante al margine di
quel giardino e di tutta la costruzione. Il medico le aveva chiesto più volte che
cosa vedeva là sopra, in quel punto, ma lei non aveva mai voluto rispondere. La
sua giornata scorreva così, con un’espressione del viso immutabile, raccolta in
silenzio, e un lavorio incessante di quei suoi pensieri che indubbiamente
scorrevano lungo tanti elementi diversi.
Si
ha pena di una persona quando è succube di qualcosa più forte della sua
volontà, ma quando è la volontà stessa che riesce ad arginare tutto il resto,
fino a mostrare di sé soltanto un involucro chiuso, invalicabile a tutti,
allora ci si stringe dentro alle spalle, e si ha voglia solo di dichiararsi
impotenti.
Veniva
il marito, quasi ogni giorno, per una visita breve, come a tentare una possibilità,
a scrutare in quegli occhi fermi, quasi senza più sguardo, se qualcosa di
diverso potesse aleggiarvi. Non diceva quasi mai niente, si sedeva lì, accanto
a lei, osservava con lei la pietra gialla incastonata nel muro, prendeva la
mano della sua donna e la teneva un po’ tra le sue, come a cercare, sperandolo,
di sentire un brivido nuovo, qualcosa di diverso sotto alla pelle. Poi andava
via, con la testa bassa, conservando la stessa speranza per il giorno seguente.
Certe
volte veniva la figlia con lui, una ragazza giovane, che rimaneva in genere un
passo distante, come a cercare di tenere lontana da sé la malattia che
attanagliava sua madre. Aveva voglia di piangere, si vedeva, le pareva
impossibile osservare quello straccio seduto senza alcuna volontà. Però c’era
qualcosa di diverso a volte in quei giorni, dietro a quegli occhi di mamma;
qualcosa di nuovo sembrava soffiare sulla superficie dell’acqua: difficile dire
cosa fosse davvero, impossibile captare la traccia di tutti i pensieri che
continuavano incessanti dentro a quella mente ammalata.
Ma
poi, quando i suoi familiari andavano via, quando lei restava da sola, ecco che
all’improvviso si alzava dalla sua sedia. Non cambiava espressione, niente di
diverso pareva attirarla, eppure, con lentezza infinita, arrivava fino a quel
muro in fondo al giardino, fino a quella medesima pietra gialla cementata in
mezzo alle altre. Stava lì quella donna, almeno per qualche minuto; accarezzava
la pietra come fosse il dolce viso di un suo familiare, forse proprio la
figlia, e ci lasciava senza parole a noi, poveri infermieri al servizio della
medicina, convinti di poter indagare con la nostra piccola scienza su cose così
maestose, superiori alle nostre pretese, oltre la superficie immobile
dell’acqua, sfiorata soltanto da una brezza leggera.
Bruno
Magnolfi
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