L’uomo resta fermo sulla banchina
del porto, le mani sprofondate nelle tasche della sua giacca, il cappello con
la tesa di poco sopra gli occhi, quasi a nascondere qualcosa del viso. Osserva
l’acqua scura che oscilla lievemente sciabordando sul cemento del molo.
Dall’altra parte forse devono iniziare le operazioni di carico di una nave
ormeggiata e quasi immobile, senza alcuna attività apparente, che si direbbe
deserta se non fosse per uno scroscio d’acqua gettato in mare su un fianco
dalle pompe di sentina. Forse deve partire, tra qualche ora, o domani, chissà.
Intanto in giro non si vede nessuno. La luce verde e l’altra rossa che
segnalano l’imboccatura della rada, lampeggiano con regolarità, la sera avanza,
l’uomo si siede sopra una grossa bitta d’ormeggio.
Oltre la
diga foranea del porto, il mare lontano lascia biancheggiare la cresta delle
onde più grandi, qualche gabbiano plana mansueto trasportato dalla brezza
salmastra. L’uomo si alza, riprende a camminare con calma restando vicino allo
spigolo del molo, continua ad osservare qualcosa nell’acqua, i suoi passi
scricchiolano sui frammenti di ghiaia. Più avanti un anziano pescatore con la
canna ha tirato su qualche muggine, l’uomo va verso di lui, si avvicina fino a
tre o quattro metri, poi si ferma come ad osservare la sua operazione per
tirare su un altro pesce, ma subito dopo lo lascia alle spalle e procede.
I pensieri
si intrecciano, arrivano a gruppi, a cascata, ma spesso sembrano intenzionati a
interrompersi, come non ci fosse alcuna necessità della loro presenza. L’uomo
arriva alla fine del molo, il vento si sente in quel punto, deve tener fermo il
cappello sopra la testa se non vuole vederlo finire nell’acqua. Poi torna
indietro, ripassa alle spalle del pescatore che ora sta riponendo la sua
attrezzatura: il sole dietro le nuvole ormai è già tramontato, ancora pochi
minuti di luce, poi sarà buio. L’uomo guarda di nuovo la nave: si sono accese
delle luci sul ponte e nelle cabine e si sente il ronzio del motore che lascia
un velo di fumo su in alto. Sicuramente deve partire, pensa l’uomo; tra qualche
ora, o domani, chissà, ma questo pensiero gli pare la chiave di tutto, e si
sente rasserenato da quella consapevolezza: qualcosa si muove, procede in avanti,
pensa ancora; non è vero che siamo tutti fermi ad aspettare la morte.
Bruno
Magnolfi
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