Avevano
trascorso la serata in un bar, uno di quelli dove l’aperitivo si fonde assieme alla
cena, poi avevano salutato i ragazzi a voce alta con i modi di fare di chi ha
qualche impegno impellente, ed erano saliti sopra la moto di uno dei due, a
caccia di qualcos’altro da fare. Lungo i viali avevano discusso più a gesti che
a parole per definire la direzione verso cui dirigersi; infine, dopo numerosi
giri e per trovare un’intesa, si erano fermati ad un chiosco a bere un paio di
birrette. Quando erano tornati a percorrere i viali c’era già meno traffico in
giro, e ripartendo da qualche semaforo si erano potuti permettere di tirare le
marce alla moto, tanto per farsi notare da tutti.
Poi
si erano fermati ad un incrocio che immetteva in una piazza piena di alberi,
giusto per decidere ormai di andarsene a casa, che tanto non valeva la pena di
stare ancora a girare a vuoto in quella maniera, ed era stato esattamente in
quel momento, mentre sulle strade non c’era più quasi nessuno, che avevano
scorto nel verde l’extracomunitario claudicante scegliere una panchina e
sistemare le sue cose probabilmente per passarvi la notte.
Erano
andati più avanti, come rispondendo ad un segnale preciso, avevano spento la
moto, poi erano tornati indietro a piedi fino a ritrovarsi vicini a quella
panchina. C’erano dei giornali per terra, ed uno dei due, con l’accendino, in
perfetto silenzio, aveva dato fuoco alla carta. Le fiamme si erano alzate alla
svelta, loro due si erano nascosti dietro ai cespugli, e in pochi minuti un
lato vicino alla panchina dov’era sdraiato l’extracomunitario già crepitava.
Erano
passati pochi secondi, e il fuoco, privo di alimentazione, si era spento quasi
del tutto. I due rimanevano indecisi su cosa fare, visto anche che l’uomo
sdraiato sembrava non essersi accorto di niente, poi avevano deciso di
rovesciare la panchina tanto per rovinargli almeno quel sonno pesante. Ma nel
farlo, l’uomo si era svegliato, si era immediatamente reso conto di quanto
stava accadendo, e ancor prima di alzarsi aveva assestato un pugno in piena
faccia ad uno dei due. L’altro, nella poca luce che arrivava sotto quegli
alberi, era rimasto come stordito, tanto imprevista gli sembrava quella
reazione, e poi aveva cercato di aiutare l’amico che intanto era rovinato per
terra.
Ma
l’uomo, resosi conto di tutto, pur claudicante com’era, si era scagliato verso
di loro pestandoli a mani nude e senza concedergli alcuna possibilità di
reagire, e in un attimo li aveva costretti a darsi alla fuga verso la strada.
Poi, alla svelta, aveva raccolto la sua poca roba, era andato ancora verso di
loro e li aveva intravisti vicini alla moto parcheggiata al margine di quel
giardino.
Così
li aveva guardati con attenzione mentre i due, doloranti, erano saliti di nuovo
sopra la sella ed erano ripartiti, e solo a quel punto aveva sentito dentro di
sé un dolore sicuramente più forte di quello che aveva loro inflitto. Si era
accasciato sopra ai talloni, aveva coperto il viso con le palme delle sue mani,
e aveva iniziato a piangere lentamente e in silenzio. Piangeva di sé, della sua
solitudine, della sua vita disgraziata, del suo essere niente; ma anche degli
altri, dei più fortunati, quelli che non
riuscivano proprio a rendersi conto, e di quella guerra sotterranea che si
svolgeva sotto agli occhi di tutti tra una parte del mondo e quell’altra, quasi
come se si dovesse manifestare un vincitore finale, e non, com’era evidente, terminando
per lasciare tutti perdenti. Poi raccolse le sue povere cose per andarsene in
cerca di un posto diverso dove passare la notte, e scomparve zoppicando nel
buio.
Bruno
Magnolfi
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