Lo schiaffo non era stato particolarmente forte, ma il
risultato lo aveva ottenuto ugualmente: lui era rimasto immobile, quasi
incapace di comprendere cosa fosse effettivamente accaduto. Lei, con una certa
freddezza, lo aveva lasciato parlare, aveva voluto misurare fino a che punto
riusciva ad essere falso. Era rimasta in silenzio, lo aveva ascoltato, aveva
lasciato che lui cercasse di apparire quello di sempre.
Si era fatta portare fino alla loro solita panchina, quella
dove avevano deciso di mettersi assieme ormai diversi mesi più indietro; quella
dove si erano baciati per la prima volta, superando i dubbi e la timidezza
della loro età di ragazzi; proprio lì, dove insieme avevano capito che valeva
la pena di affrontare in due la realtà di ogni giorno. Mentalmente aveva
ripercorso tutte le tappe che insieme avevano raggiunto, l’intimità, la
dolcezza, la scoperta di avere affinità insospettabili. E poi quel presentarsi
abbracciati davanti agli amici, quella prova forse più entusiasmante di tutte,
quasi un’iniziazione alla vita, all’amore, ai rapporti sociali.
Era salita
sul motorino di lui dopo la scuola come sempre quel pomeriggio. Avevano
percorso i viali per lasciarsi alle spalle il traffico e tutta la gente, avevano
arrampicato la collina lungo la strada piena di curve per raggiungere quella
piccola piazzetta rialzata, così fuori mano, regolarmente deserta, il loro
punto d’arrivo di tanti pensieri, di tanti discorsi, del loro entusiasmante
confronto.
Avevano osservato
il panorama, si erano lasciati scaldare al sole sonnacchioso e piacevole, lei
aveva continuato ad ascoltare i suoi discorsi di sempre, gli scontri in
famiglia, le difficoltà col fratello più grande, i risultati poco entusiasmanti
al liceo. Poi aveva chiesto qualcosa a proposito di una ragazza che da sempre
faceva la stupida con tutti, e lui non aveva saputo rispondere, si era fatto
rosso in faccia, si era imbrogliato del tutto.
Lei sapeva
cos’era successo, erano già andate le sue amiche a raccontarle tutto quella
mattina, ma non aveva voluto credere niente, aveva chiesto silenzio, non aveva
voluto sentire neppure un’altra parola. Si era fatta trovare sotto casa come
sempre da lui, lo aveva guardato giusto un attimo, e aveva capito subito che
quei discorsi erano veri.
Continuava a chiedersi dove stesse il motivo per fare un
gesto del genere, per sciupare ogni cosa in un modo così poco maturo. Adesso
gli aveva dato uno schiaffo, senza dire niente, senza usare nemmeno mezza
parola: lo meritava quel gesto, meritava senz’altro quel suo disprezzo; ma le
parole forse sarebbero state un po’ troppo, pensava, inutile spiegare le cose
evidenti, insensato parlare di gesti e emozioni che era impossibile descrivere.
Lasciava a lui adesso tutte le parole possibili, tutti i discorsi che sarebbe
riuscito a comporre, perché solo se fosse stato bravo davvero sarebbe riuscito
a riaverla. Il suo silenzio dietro allo schiaffo era la sola espiazione che lei
riusciva ad imporgli.
Bruno
Magnolfi
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