Sono qui, da solo, come sempre.
Quasi non mi interessa che abbiano allestito questo piccolo palco tutto per me,
con uno sfondo di palazzi di periferia, questo marciapiede qualsiasi, le luci
taglienti che lasciano ombre da tutte le parti. Mi viene da ridere a pensare
che si siano preoccupati di dare una cornice adeguata al mio spirito, è
insignificante il contorno, ciò che conta è questa amarezza, sapere che niente
riesce a farmi sentire adeguato.
In genere
nutro scarso interesse per ciò che gli altri si affannano a fare, non perché io
viva solo di me stesso, sia chiaro, in genere cerco di tenere lontano da me
qualsiasi moto egoista; bensì perché riconosco un certo ottimismo, una positiva
speranza, una voglia per me assurda di guardare in avanti, una maniera di
pensare ogni cosa che io, per quanto cerchi dentro di me, non ritrovo, non ho
mai conosciuto.
Vivo di
poche certezze, alle quali ritengo di stare attaccato più che a qualsiasi sogno
fumoso: so di essere, di occupare uno spazio all’interno del mondo, di essere
costretto in un ruolo di cui farei a meno, di mandare in avanti un’esistenza
della quale non ho scelto un bel niente, se non il mio debole pensiero, la mia
capacità di sentirmi inadatto a ciò verso cui sono costretto. Percorro la
strada che mi è stata indicata, mi guardo attorno certe volte, mi rendo conto
che non ho alcuna scelta.
Eppure sono
qui, sento la necessità di urlare un dolore che mi esce da dentro, anche se so
già in partenza che non servirà a niente. Che posso farci, a mio modo resto
comunque un patetico sognatore, però non riesco a impedirmi di dire quello che
sento, anche se certe volte non so neppure io a cosa serva. Incarno una persona
qualsiasi, uno che abita la periferia del mondo, come tutti, perché tutto è
periferia, non c’è da farsi illusioni.
Bruno
Magnolfi
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