domenica 5 settembre 2010

Oltre la politica più abituale.

         

            La riunione era per le sedici. Lei si era portata la cartella con gli appunti e alcuni documenti in merito all’intervento che si era preparata. Le sue parole avrebbero dovuto essere soffici, accarezzare i temi importanti senza dare l’impressione di aggredire nessuno. Non era affatto semplice mettere tutti d’accordo, o meglio, far stare dalla propria parte almeno la maggioranza dei rappresentanti: ognuno di loro aveva più di un motivo per rivendicare qualcosa, ed uno di questi doveva rientrare all’interno delle possibilità prospettate dal suo discorso. Che poi niente fosse vero questa era tutt’altra storia. Tutti sapevano che spesso si costruiva nel niente, dando l’impressione di avere delle forze alle spalle che di fatto non c’erano, oppure mostrando delle opportunità che di fatto erano frutto solo di fantasia. Ma questa era la politica, si sapeva, e lei ne era cosciente anche di più, pur sentendosi da un po’ di tempo nauseata da quelle parole, quei comportamenti, quei modi di essere.
            Era entrata dentro la sede salutando tutti come suo solito, qualcuno le aveva fatto i complimenti per il suo abito, o per i capelli, o per chissà cosa; lei aveva appoggiato la sua cartella sopra una scrivania, poi era andata nel bagno. Si era guardata allo specchio, poi aveva cercato di darsi una rinfrescata a quel trucco sul viso che adesso le pareva troppo vistoso. Aveva sbiadito il colore sugli occhi e sulle labbra, aveva calcato di meno con la matita, aveva reso più morbido il suo fondo tinta, di fatto impiegandoci, in tutte queste operazioni, un tempo a dir poco esagerato, curando meticolosamente ogni dettaglio ed usando tutti i possibili strumenti che aveva nella sua borsetta.
Poi era tornata a guardarsi di nuovo dopo aver girato su se stessa lentamente in modo da dimenticarsi per un momento della sua immagine. Non si era piaciuta, ma aveva guardato il suo orologio da polso e si era accorta quasi con piacere che la riunione era già cominciata da almeno venti minuti. Per discrezione nessuno era venuto a cercarla, ma di fatto in molti probabilmente si erano chiesti dove fosse finita.
Lei si era guardata ancora allo specchio, si era data una ravviata finale anche ai capelli, infine aveva ripreso la borsa e con modo deciso aveva spalancato la porta. Nel corridoio non c’era nessuno, neppure i soliti che dovevano fumarsi la sigaretta, e sopra la scrivania c’era ancora la sua cartella a segnalare, a chi fosse passato di lì, la sua presenza impellente in sala riunioni. Tentennò, prese la cartella, poi, con tutta la calma necessaria, visto che non c’era nessuno, raggiunse la porta che dava sul marciapiede.
Fu allora che un ritardatario arrivò trafelato, la vide, le chiese tra il serio e l’ironico: non avranno mica iniziato? E lei, senza scomporsi: no, no, senza di noi non inizieranno di certo. 


Bruno Magnolfi

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