“Siamo
diversi…”, aveva pensato Evelina avviandosi per andare nella stanza attigua,
muovendo i pochi passi con esagerata lentezza, in modo da non fargli pensare
che era sua volontà terminare in modo brusco quei discorsi. Si mosse, decisa a
tenere un comportamento morbido, ma subito pensò che aveva ugualmente voglia di
smettere di parlare di intenzioni, di desideri, di futuro: era convinta, avrebbe
voluto vivere maggiormente quel presente, quei suoi anni; il resto, quel futuro
di cui aveva continuato a parlare Daniele, secondo lei era qualcosa da decidere
giorno per giorno, senza preoccuparsene troppo. Poi, quando pose la mano sopra
la maniglia della porta, disse soltanto: “Prendo dei bicchieri…”, lasciandolo
libero, almeno per quei pochi minuti, di riflettere ulteriormente su tutto
quello che si erano detti fino allora.
Daniele era
rimasto immobile, in piedi, ad osservare distrattamente i deboli movimenti della
gonna di lei, di stoffa leggera, nello strusciare lievemente sopra le sue gambe
affusolate. Non aveva detto più niente dopo che Evelina si era espressa sul suo
punto di vista, ma era rimasto come interdetto, incapace a dimostrarle che
riusciva a provare anche lui dei sentimenti più impulsivi, che non fossero dettati
soltanto dalla logica. Non riteneva di avere una personalità fredda, ma
convincerla di questo lo trovava del tutto impossibile. Quel tempo lento e
cadenzato, quella manciata di mesi che avevano trascorso in quell’appartamento,
e che avrebbero dovuto giocare a suo favore, mostrando ad ambedue quanto era
possibile sentirsi vicini, uniti in quel tentativo di vita assieme, senza
sotterfugi o incontri frettolosi, non si stavano affatto dimostrando suoi
alleati. Lui non si sentiva così ingessato nei suoi punti di vista come Evelina
aveva voluto sottolineare; o meglio, anche se lo fosse stato era prontissimo a
cambiare, a suo parere non ci voleva niente a chiarire con precisione gli
elementi da modificare per poi procedere così al rinnovamento di quel loro
legame. No, la vera difficoltà era che Evelina aveva la testa troppo leggera,
ora pensava una cosa, poi ne pensava un’altra: non cercava la coerenza, come
faceva lui, si lasciava andare ai suoi modi lunatici di vivere le cose, ed era
impossibile seguirla lungo quella strada.
Agli inizi a
Daniele era parso che le loro personalità si fondessero bene assieme, proprio
in virtù delle loro differenze; anzi, secondo il suo parere era proprio quello
il segreto della loro meravigliosa storia d’amore: quando ne aveva parlato con
gli amici aveva sempre sottolineato quanto lei riuscisse a dimostrarsi
imprevedibile, con quella sua capacità di essere diversa quasi ogni volta. L’aveva
conosciuta più di due anni prima, durante una piccola festa. Non c’era stato
molto bisogno di parlarsi: avevano bevuto tutt’e due, e nell’euforia della
serata si erano baciati, dopo che lui era stato per tutto il tempo ad
osservarla, quasi senza interruzioni, tanto si era subito sentito attratto da
lei. Ci vollero più giorni per riassemblare nella testa ciò che era successo,
ma alla fine, parlandone, decisero di fare maggiormente sul serio. Forse non
c’era mai stato un vero innamoramento da parte di Evelina nei suoi confronti, rifletteva
ora, ma lui aveva sempre pensato che le cose sarebbero maturate con il tempo. Anzi,
ogni cosa che aveva fatto in tutto quel periodo era stato in funzione di questa
certezza quasi incrollabile, che forse aveva trascinato il loro rapporto sempre
in avanti, senza lasciare niente di intentato. Forse adesso un’incrinatura era
apparsa, difficilmente ricomponibile, anche se Daniele in fondo ancora ci
sperava: sarebbero serviti alcuni aggiustamenti, un punto di vista più comune,
nient’altro, secondo lui.
Tornò Evelina
con un vassoio, e sopra due calici con dentro vino rosso. Invitò Daniele a
prendere un bicchiere, poi lei prese l’altro, conservando un vago sorriso sulla
faccia. Fece tintinnare i calici tra loro, guardò lui dentro gli occhi, poi,
appena un attimo prima di bere il primo sorso: “Alla nostra separazione!”,
disse, bevendo e chiudendo così qualsiasi altro discorso.
Bruno Magnolfi
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