Un
uomo attraversa la strada ad un passaggio pedonale. Lo fa come ogni giorno,
perché deve attraversare quella strada per recarsi al suo posto di lavoro. Esce
da casa, costeggia lungo un marciapiede alcune abitazioni grigie tutte uguali,
arriva vicino ad un giardinetto di fronte al quale c’è il suo bel passaggio
pedonale. In quel giardino ci ha portato i suoi figli la domenica tante volte
quando erano più piccoli. Ancora li ricorda quei momenti, il profumo di sugo
che usciva da qualche abitazione, il sole della primavera, i bambini che
giocavano a rincorrersi. Adesso si sono fatti grandi i suoi figli, ma ancora
abitano in famiglia, nella sua casa, anche se escono da soli e se ne vanno in
giro, con gli amici; ma spesso lui gli ripete le solite raccomandazioni, lo fa
con spirito di padre: dice di non fare tardi, di non bere, di essere retti, di
stare attenti a quel passaggio pedonale, quello davanti al giardinetto, perché
è pericoloso, lo sanno tutti nel quartiere.
La vita sembra
scorrere via senza inciampi, lì davanti casa, lungo quella strada polverosa
sempre uguale, con il suo traffico intenso nelle ore di punta, però c’è sempre
qualche auto che passa via veloce a sera tardi, per far sentire a tutti la
potenza del motore. Lui certe volte arriva fino ad un caffè poco lontano, alla
sera: attraversa la strada sul passaggio pedonale ed è subito arrivato, lo fa giusto
per trascorrere un’ora o due a parlare con gli amici. Ogni giorno sembra
diverso in quello scorrere inevitabile del tempo: lui continua ad uscire di
casa al mattino, cammina lungo il marciapiede e poi attraversa la strada sopra
al passaggio pedonale. Davanti alla fermata poco distante aspetta la corriera e
poi via in fabbrica, insieme ad alcuni colleghi che abitano vicino.
Prima, tanti
anni fa, c’erano soltanto delle strisce bianche a terra, ad indicarlo in modo
semplice quel passaggio. Poi arrivarono un gruppo di operai e misero il
semaforo, perché ci si era resi conto che attraversare la strada in quel punto era
un po’ pericoloso. In tutto il quartiere si tirò un sospiro di sollievo, parve
una fuga in avanti la modernità di quella scelta, poi ci si fece l’abitudine. Adesso
lui cammina fino lì, attende che il semaforo segnali il suo via libera, ed ecco
che si può attraversare quella strada, in perfetta sicurezza. Sua moglie a
volte lo guarda arrivare dalla finestra, quando torna dalla fabbrica.
Certe volte
lui si sente stanco, il suo lavoro è pesante, ma qualche giorno si lava e si
cambia i vestiti velocemente, e poi esce con lei, a fare due passi, e magari
attraversano la strada all’altezza del passaggio pedonale e costeggiano la via
principale di quel quartiere periferico, dove ci sono dei negozi, e si possono
osservare le vetrine. Non c’è niente di male nel sentirsi bene in quelle sere:
salutare qualche conoscente, sapere di aver fatto fino in fondo il proprio
dovere, trattenere qualche spicciolo dentro alle tasche anche per acquisti non
previsti, per qualcosa non estremamente necessario. Sua moglie è ancora una bella
donna nonostante l’età, lui ne è orgoglioso, cammina volentieri con lei
tenendola a braccetto. Poi attraversano di nuovo la strada sul passaggio
pedonale e rientrano a casa, che si è fatto già tardi.
E poi quel
giorno grigio, quando lui rientra dal lavoro con la testa pesante, piena di
pensieri. Attende il segnale del semaforo, poi attraversa la strada, come
sempre. Ma una moto arriva forte, a tutta birra, e lo sfiora. Non è successo
niente, nessuno si è fatto male, ma per lui, per l’uomo che attraversa la
strada tutti i giorni, è peggio di uno schiaffo. Non ha parole da dire,
raggiunge la sua casa, velocemente, bofonchia qualcosa tra di sé, non sa
spiegarsi neppure con sua moglie, ma si mette a letto, distrutto di fatica, ammalato.
Sarebbero bastati pochi centimetri per scatenare una tragedia, lui lo sa, lo
sente, e avverte come un tradimento di tutta quella sua vita condotta fino lì,
fino a quel passaggio pedonale, e non riesce ad accettare che proprio la sua
vita sia così rapida a volgergli le spalle.
Bruno
Magnolfi
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