Il signor Erik
era seduto su una delle poltrone di pelle intorno al grande e lucido tavolo per
le riunioni, il computer portatile acceso di fronte e il telefono accanto.
Mancava ancora un’ora all’incontro, ed io e il signor Erik preparavamo ognuno
per suo conto e in silenzio i documenti sui quali avremmo discusso con gli
altri dirigenti della società. La situazione era difficile, si trattava di far
fronte ad una riduzione delle commesse di quasi il dieci per cento: gli
argomenti sui quali confrontare le idee erano la manutenzione dei livelli
produttivi in attesa del rilancio, e l’introduzione di buone idee per
agganciare a breve termine nuovi mercati.
C’erano molte
aspettative da parte di tutti nei confronti del signor Erik; pur essendo lui un
consulente tecnico esterno era giudicato nel suo campo il migliore, un grande
pignolo nel suo lavoro, un vero mago in situazioni difficili, ed ogni suo
parere sarebbe stato senz’altro vincolante. Io ero soltanto un capoufficio in quella
sede, il mio parere fortunatamente non sarebbe stato neppure richiesto, mi
sarei limitato a passare le carte e a versare l’acqua ai relatori una volta
iniziata quella riunione.
Fuori dalla
grande vetrata in fondo alla sala, appena coperta da una tenda bianca a
listoni, la giornata appariva grigia e noiosa, e i forti rumori del traffico nelle
strade congestionate di tutto il quartiere non arrivavano affatto, dando l’idea
di un luogo tranquillo e silenzioso. Il ticchettare dei tasti sul computer del
signor Erik era il rumore più forte dentro alla sala, e le telefonate che ogni
tanto raggiungevano il suo telefono si limitavano ad una vibrazione leggera,
poche parole sussurrate nell’apparecchio e poi basta. Ma una mosca era entrata
chissà da dove in quel silenzio irreale, e ronzava nell’aria attirata dal
monitor acceso di quel computer. Il signor Erik sull’immediato aveva finto
opportuna indifferenza, ma quando la mosca era andata a posarsi sulla sua
fronte un gesto di fastidio gli era sfuggito. Mi aveva guardato, ed io avevo
assunto l’espressione di chi non sa proprio come risolvere la situazione
incresciosa.
Poi mi ero
alzato, avevo tirato la tenda motorizzata, e fatto scorrere il vetro per
cercare di far uscire la mosca. Il rumore da fuori era penetrato come una bomba,
insieme ad un senso di polvere e di aria calda sgradevole, che cozzava
terribilmente con l’atmosfera filtrata e condizionata nella quale eravamo stati
immersi fino ad allora. La mosca naturalmente neppure si era avvicinata al
finestrone, ed io prontamente avevo richiuso la vetrata e la tenda. Il signor
Erik a quel punto aveva chiesto del bagno, probabilmente per dare a me la
possibilità di sbarazzarmi in qualche maniera di quella maledettissima mosca.
Così difatti cercai di fare, una volta rimasto da solo, brandendo un giornale
ripiegato e cercando di schiacciare la mosca appena questa si fosse posata su
un piano. I miei tentativi però sembravano inutili, la mosca pareva mi evitasse
con accuratezza, ed io avevo iniziato a sudare per la tensione e anche per lo
sforzo a cui ero costretto.
Infine si era
fermata, ma proprio sulla tastiera del computer acceso del signor Erik, ed io
mi ero avvicinato con tutta la calma che ero riuscito a trovare, giusto per infierire
un colpo mortale alla bestia che sfortunatamente un attimo prima si era
sollevata. Ma il colpo che ormai avevo scagliato con il mio giornale forse era
stato superiore ad ogni mia intenzione, e non mi aveva neppure permesso di
rendermi conto che in un attimo avevo annullato tutto il lavoro svolto quella
mattina dal signor Erik: il computer si era spento senza che fosse stato fatto
alcun salvataggio, ed io, senza parole, me ne ero reso conto proprio nello
stesso momento in cui lui stava rientrando dentro alla stanza, ed era rimasto
lì, immobile, ad osservare esterrefatto quel che stava accadendo.
Bruno Magnolfi
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