lunedì 15 marzo 2010

Il coraggio di una soluzione.

            

            La vicenda era ordinaria. Un innamoramento giovanile in un paesino campano: un ragazzo e una ragazza che si giurano amore eterno salvo perdersi pochi anni dopo, risucchiati da altre cose, da altre vicende, per poi rincontrarsi dopo molto tempo, ambedue sposati, lei trasferita a Roma, lui rimasto lì ma sempre in giro, a lavorare come rappresentante di commercio, e scoprire di essere stati frettolosi, di aver compiuto uno sbaglio clamoroso. E così il seguito è scontato, l’inizio di una relazione assurda respirata per mezza giornata ogni due mesi, quel vedersi quasi da ladri, durante incontri clandestini complicatissimi, veicolati su numeri di telefono segreti, fingendo indifferenza rispetto alla fatica di intrattenere una cosa di quel genere, giusto per continuare a giurarsi amore eterno nonostante figli e coniugi.
E poi quel giorno strano, quando i pensieri dentro alla testa sembrano diversi, per lui che torna da una delle volte in cui è riuscito a vederla, solo per due ore, e quel ragazzo per strada che chiede un passaggio perché c’è uno sciopero dei mezzi pubblici: a Mario piace la sua faccia simpatica, lo fa salire sulla sua auto, forse ha già in mente di parlare con lui, di fargli ascoltare la vicenda della sua vita, perché non si conoscono, può dire la verità su tutto, finalmente può sfogarsi. Il ragazzo si chiama Antonio e lo ascolta volentieri, senza interrompere, senza fare espressioni di commento. Ha la faccia intelligente quel ragazzo, tra pochi esami sarà ingegnere, lo dice all’inizio con orgoglio perché è la cosa migliore che ha fatto in vita sua, anche se una vita vera ancora non ce l’ha, ma ascolta Mario con attenzione, capisce di essere vicino a qualcosa di vivo e di vibrante ed elabora a modo suo, poco per volta, dentro la sua testa piena di formule e teorie, tutta la vicenda.
 Mario entra nei dettagli, spiega la sua vita assurda, quel vivere collegato ad un numero di telefono segreto che ogni tanto tira fuori, come un talismano, ed a volte accarezza come fosse una persona. Gli spiega e si spiega e mentre parla dipana la sua vita anche a se stesso mentre guida, dando una concretezza alle cose che forse non ha mai avuto; a tratti si interrompe, è come se toccasse con mano per la prima volta le cose che cerca di spiegare, è come se non ci avesse mai pensato in quella maniera, la maniera che adesso gli suggerisce la logica dell’ingegnere, quel ragazzo dalla faccia intelligente che gli siede a fianco, e intanto cerca di interpretare anche il suo pensiero, il suo modo distaccato di ascoltare quei discorsi, e si sforza di incarnarsi in lui, di essere lui, in modo da avere un parere diverso dal proprio, più obiettivo.
Si fermano a mangiare, non c’è problema, paga tutto Mario, gli interessa troppo entrare nei dettagli della sua vicenda, fargli ascoltare al ragazzo fino all’ultimo particolare delle sue cose, fargli comprendere il motivo per cui si è ridotto così, a fare il commesso viaggiatore dei propri sentimenti. Mangiano, prendono un caffè, una grappa, ci vuole proprio, e poi via, di nuovo sulla strada, e Mario che parla, parla ancora di sé, di quello che ha pensato quando è stato prima e di ciò che è diventato adesso, di lei, quello che ha detto e fatto, e di lui, e di ciò che si dovrebbe, o si potrebbe, oppure che sarebbe stato.
Poi arrivano, finalmente, e Antonio ringrazia di tutto, deve scendere, deve proprio andare, resta in aria una pausa improvvisa che niente può riempire, e Mario ferma l’auto con le doppie frecce, si volta verso il ragazzo, lo implora mentalmente di dargli la sua benedizione, ma tutto è tirato come un arco teso nello sforzo massimo. Antonio lo guarda, pronto con la sua opinione che ha trattenuto tutto il tempo, sa che è importante ciò che deve dire, sa che non può sbagliare il suo giudizio, quel parere non richiesto, e conserva ancora la sua faccia intelligente, ha ancora gli occhi svegli, l’espressione fresca, non può dire una cosa qualsiasi ma solo quello che ha pensato davvero, ciò che ha sentito dentro di sé, e dall’alto di tutto questo gli dice solamente: “Secondo me è ora di dire basta…”, poi stringe la mano a Mario, apre lo sportello e se ne va.


            Bruno Magnolfi

Nessun commento:

Posta un commento