“Mio figlio, chissà dove sarà in
questo momento mio figlio…”, pensava farfugliando e lamentandosi tra sé l’anziana
donna sdraiata sopra quel tratto d’asfalto, paralizzata dai dolori che provava praticamente
da ogni parte, dopo il colpo che le aveva assestato quella macchina scura che
lei non aveva neanche visto sopraggiungere. “Devo resistere, devo almeno
rivedere mio figlio, senza di lui non mi farò fare niente, neppure spostare da
qui…”, pensava. I curiosi erano già tutti attorno al luogo dell’incidente,
qualcuno aveva messo qualcosa sotto alla testa della povera donna, ma lei aveva
solo chiesto di guardare dentro la sua borsa: c’era un numero di telefono
scritto su un foglietto grande, il numero di telefono di suo figlio; aveva
chiesto di chiamarlo, che qualcuno gli chiedesse di venire subito, per favore.
Intanto si aspettava l’autoambulanza,
l’uomo che era sceso dalla macchina scura, immediatamente dopo l’incidente,
aveva chiamato per prima cosa i soccorsi, restando calmo, lucido, razionale. Anche
adesso restava lì, indifferente alla calca della gente, e parlava al telefono,
una chiamata dietro l’altra, sempre con la medesima espressione. Qualcuno forse
avrebbe voluto chiedergli, per curiosità, quale era stata la dinamica
dell’incidente, ma quell’uomo guardava da tutt’altra parte, pareva interessato da
tutt’altre cose, come se quanto accaduto fosse solo un inciampo nella sua
giornata, una seccatura di poco conto nei suoi percorsi fitti di appuntamenti e
di interessi. Appariva chiaro a tutti che la donna, dove adesso si trovava, era
distante da qualsiasi passaggio pedonale: probabilmente si era arrischiata ad
attraversare quella strada cittadina così movimentata in un punto un po’
pericoloso, ma l’auto scura doveva andare forte per non essere riuscita a
frenare in tempo. Arrivarono i vigili urbani mentre dal fondo della via già si
sentiva la sirena spiegata dell’autoambulanza. L’uomo disse alle autorità di
avere prontamente avvertito il suo avvocato, sarebbe stato lì a minuti, e che
senza di lui non avrebbe dichiarato niente.
Tutto precipitò in un attimo:
l’anziana donna vide quelle facce estranee che si occupavano di lei, cercò disperatamente
suo figlio con gli occhi, ma non c’era, forse era bloccato in quel traffico diventato
caotico. Gli infermieri dell’autoambulanza misero prontamente in atto tutte le
tecniche a loro disposizione in casi come quello, misero la donna sopra la
barella, la coprirono, la infilarono con cautela dentro al loro mezzo, e fu a
quel punto che tra tutti spuntò trafelata una persona, un uomo di mezza età che
si fece largo tra la gente. Si avvicinò di corsa prima che gli infermieri
chiudessero il portellone per trasferire d’urgenza la traumatizzata in
ospedale, chiamò forte la sua mamma, entrò dentro all’autoambulanza solo con la
testa, la vide, la riconobbe, e lei rivolse lo sguardo sofferente verso suo
figlio, come in un gesto superiore a qualsiasi situazione: gli sorrise, il
resto pareva non avesse più importanza, era sicura che sarebbe riuscita a
vederlo almeno un’altra volta, lo sapeva, lo sentiva dentro di sé. Poi chiuse
gli occhi, e si lasciò portare via.
Bruno Magnolfi
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