mercoledì 24 marzo 2010

Una parte di normalità.

           

            L’uomo aveva osservato il traffico di persone lungo il marciapiede, rimanendosene affacciato per un po’ alla sua finestra. Non ci trovava niente di anomalo in quella giornata, anche se non sapeva spiegarsi a chi doveva servire quella normalità di cui spesso si parlava. Le auto si fermavano ad un semaforo poco distante, i pedoni attraversavano la strada, tutto pareva come sempre. Il colpo di stato dei militari, la settimana precedente, era fallito, e a parte qualche recrudescenza le cose nel paese erano rimaste le medesime. I giornali negli ultimi tempi avevano detto che la corruzione dilagava, che diventava sempre più un fatto ordinario, ormai non meravigliava più nessuno, però tutti erano chiamati ad aprire gli occhi, anche se sembrava una raccomandazione blanda, quasi insensata. Certo era sempre più difficile pensare che il governo del paese fosse l’espressione della gente. Ma la gente camminava silenziosa, non si interessava di politica, forse non riusciva neanche a distinguere un esponente politico dall’altro.
            L’uomo indossò la sua giacca e scese nella strada. Aveva un appuntamento di lavoro, doveva vendere un appartamento, o almeno farlo vedere a una persona che poi avrebbe deciso se acquistarlo o meno. Salì sulla sua auto e si mosse nel traffico con la radio che trasmetteva le ultime notizie. Qualche scontro a fuoco c’era stato nel paese, soprattutto nelle zone di campagna, ma niente di importante. Lì nella capitale la polizia pattugliava ogni centimetro di strada, era difficile pensare alla possibilità di atti di violenza. In ogni caso tenere una piccola pistola carica sotto alla giacca dava all’uomo una certa sicurezza. Trovò un parcheggio con una certa fatica in quella strada centrale, poi spense il motore ed uscì dall’auto. L’agenzia per la compravendita di immobili di cui l’uomo era il direttore, praticamente aveva chiuso, visto il mercato ormai fermo di quegli ultimi tempi. Restava qualche appartamento di lusso da piazzare, certo abbassando i prezzi all’osso in modo da renderli appetibili, e ci pensava lui, rimasto da solo a mandare avanti tutta l’attività. Giunse davanti al grande portone di legno del palazzo ottocentesco mentre dalla parte opposta arrivava un uomo ben vestito, con mezza faccia coperta dal cappello e dagli occhiali scuri. Si presentarono, e quello disse di essere il ministro degli interni. L’uomo sentiva un tremore nelle gambe, il ministro era venuto senza scorta, forse per dare meno nell’occhio, pensò.
Salirono fino al primo piano, l’appartamento era immenso, dieci stanze con mobili di pregio, tutte grandi; il ministro osservava in silenzio, con modi freddi. Parlarono del prezzo, pareva troppo alto. Discussero in maniera nervosa, andando subito al sodo ad evitare parole commerciali e frasi di circostanza. Poi il ministro disse senza mezze misure che facendogli risparmiare un dieci per cento sulla cifra, lui gli avrebbe procurato un lavoro di usciere al palazzo del governo, per se stesso o per un suo familiare: “Avrà pure un figlio da sistemare…”, disse con un sorriso odioso. L’uomo in silenzio rifletteva sul fatto di non avere una famiglia, e in quel momento questa sicurezza lo faceva sentire bene, quasi come fosse un vantaggio. Poi quel lavoro di vendere gli appartamenti a lui piaceva, non aveva mai pensato di cambiarlo, nonostante le cose non andassero certo bene ultimamente. Disse di no, in maniera secca, senza repliche. Il ministro si accigliò, disse parole sconvenienti, chiuse sgarbatamente una porta come a mostrare che quella casa non valeva i soldi chiesti.
L’uomo tirò fuori la pistola, con calma, senza farsi sopraffare dall’emozione. In fondo lui era un uomo qualsiasi, uno di quelli normali di cui parlava tanto la radio. Un’occasione come quella non sarebbe mai più capitata ad uno come lui. Il ministro cambiò completamente atteggiamento, disse che non c’erano problemi, avrebbe preso l’appartamento alla cifra stabilita, ma l’uomo gli disse di rimanersene in silenzio. Lo fece spostare dentro una stanza che fungeva da dispensa, dietro alla grande cucina, lo fece voltare e poi sparò, un colpo solo, mortale, coperto dai rumori della strada che giungevano dalle finestre spalancate. Chiuse la porta a chiave, ripose l’arma, poi serrò tutte le imposte e le finestre, infine uscì dall’appartamento, raggiunse velocemente la strada e se ne andò, sicuro di aver fatto la sua parte. Fuori la gente continuava a camminare avanti e indietro lungo la strada, lui osservò il traffico e seppe di star bene, di sentirsi perfettamente a proprio agio. Entrò nell’auto e mise in moto: la radio continuava a richiamare tutti alla normalità, e andava bene così, le istituzioni continuavano a fare i propri interessi, nonostante tutto.


Bruno Magnolfi

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