Non
era affatto difficile addormentarsi su una corriera. Era sufficiente avere una
giornata di duro lavoro alle spalle, sedersi là sopra e lasciarsi dondolare
dagli scossoni che provocava la strada mentre la campagna scorreva, come in un
film. Solo che io non avevo una giornata di lavoro alle spalle: ero salito
sopra quel mezzo pubblico per andare a trovare un amico, ma senza neppure
sapere se quell’amico abitasse ancora in quella casa di paese di cui lui mi
aveva dato l’indirizzo quasi un anno prima, durante l’ultima volta che ci
eravamo incontrati, e dove io non ero neanche mai stato. Non conoscevo neppure
la sua situazione attuale quale fosse: cosa faceva, con chi abitava, perfino se
avesse accettato di ricevermi, e soprattutto se fosse d’accordo ad ospitarmi
per almeno una notte, ma se era possibile anche di più. Di fatto non sapevo
davvero a quale altra porta bussare, e i miei ultimi soldi li avevo ormai spesi
per acquistare il biglietto per quella corriera. Non so perché in quel periodo
mi fossi ridotto così, soltanto con uno zainetto sopra le spalle che conteneva
tutto ciò che mi era rimasto, però insieme a me avevo ancora speranza,
ottimismo, voglia di pensare al futuro in modo positivo, nonostante qualsiasi
batosta avessi ricevuto.
Mi
ero addormentato mentre pensavo al mio amico, a cosa avrei trovato dietro alla
sua espressione sorpresa, a come mi avrebbe accolto. A volte per qualcuno gira
male la vita, non c’era da farne alcuna meraviglia, e aiutarsi l’un l’altro poteva
essere bello, forse per ognuno dei due. Accanto a me si era seduto qualcuno
durante una fermata della corriera, ma aveva cercato di non disturbare ed io
mentalmente mi ero sentito riconoscente verso quella persona. Pensavo ad occhi
chiusi alla gente che se ne tornava in famiglia a quell’ora di sera, a parlare
delle cose della giornata, a scambiarsi pareri, a confermare gli affetti che li
tenevano assieme. Non provavo vergogna, ma io mi sentivo diverso, era proprio
così. Chissà cosa mai potrebbe essere stato per me quel futuro di cui adesso
discutevano a voce alta qualche sedile più avanti. Era importante avere
coscienza della mia situazione difficile: ma d’ora in poi mi sarei rimboccato
le maniche, avrei cercato di costruire qualcosa, con calma, certo, con infinita
pazienza. Ma avevo bisogno di una spinta iniziale, di quel piccolo aiuto per
poter ripartire.
Quando
mi volsi verso quella ragazza lei mi sorrise: aveva appoggiato il suo piccolo
bagaglio sopra le gambe, e stava lì, ad osservare distratta tutti e nessuno.
“Mi scusi”, le dissi, riferito al fatto che avevo occupato ben più del mio
spazio sopra al sedile. “Non si preoccupi…”, rispose; “In questa corriera è
sempre così”. Avrà avuto due, tre anni meno di me, ma pure sfiorandosi, pensavo
che la distanza tra noi era enorme, incommensurabile. Guardai di nuovo fuori
dal finestrino, “C’è ancora molto per arrivare al paese?”, le chiesi. “No”, mi
rispose; “Solo dieci minuti”. La corriera andò avanti seguendo il suo percorso
di strade, poi la ragazza mi sfiorò il braccio: “Devo scendere”, disse;
“Arrivederci”. La guardai per un attimo, come si guarda una persona a cui ci
sentiamo legati. “Può darmi un bacio, per favore…”, le chiesi; “Ne ho solo bisogno
come di un portafortuna”. Lei mi sorrise, lasciò trascorrere solo un momento
trattenendo immutato quel suo sorriso, poi mi baciò, con tenerezza sincera,
chiudendo gli occhi, in un gesto di generosità e di affetto che non dimenticai
più, per tutta la vita.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento