giovedì 20 maggio 2010

Accadimenti irripetibili.

            

            Il piccolo ufficio d’angolo al primo piano di quel palazzo, era in disordine come sempre. Fuori dalla finestra che dava su una delle piazze più frequentate, la gente sui larghi marciapiedi circolava copiosa nell’ora di punta, come ogni giorno. Lui aveva socchiuso i vetri per far entrare un po’ d’aria, poi aveva dato un’occhiata alla posta e alle cose più urgenti da sbrigare. Si era acceso una delle sue sigarette con tutta la calma svogliata che gli procurava l’inizio di un’altra giornata di lavoro sicuramente pesante, poi aveva spalancato del tutto quell’unica finestra della stanza ed era rimasto lì immobile, accanto al davanzale assolato, ad osservare la città che nevroticamente svolgeva il suo ruolo.
Un uomo fermandosi aveva iniziato ad osservarlo dal marciapiede, poi si era affiancata un’altra persona che aveva sollevato il suo naso ed era rimasta lì, anche quella, ferma a guardare. Altri si erano aggiunti, come se qualcosa richiamasse magneticamente l’attenzione verso la finestra dove lui si era affacciato. Molti continuavano a fermarsi e a guardarlo, e lui in un primo momento era rimasto paralizzato per la stranezza di quello che stava accadendo, ma in seguito la situazione gli era apparsa così innaturale da renderlo persino incapace di pensare qualcosa. Restava lì, a quel davanzale, a farsi osservare da tutti, quasi con il fiato sospeso, impossibilitato a qualsiasi movimento, tanto che la sua sigaretta continuava a fumare da sola nel posacenere della sua scrivania, e intanto lui cercava di capire che cosa si fosse verificato per attrarre tutta quell’attenzione.
Le cose andavano avanti, le persone arrivavano, si accalcavano agli altri e si fermavano con lo sguardo rivolto all’insù, verso di lui. Il sole gli faceva scottare la faccia e lui con gli occhi ridotti a due fessure per via della luce non riusciva neanche a guardare qualcuno o qualcosa; infine si accorse che del sangue gli era colato dal naso, come altre volte era accaduto per una normale allergia di stagione, e lui non volendo e non accorgendosi di niente si era impiastricciato con la mano quasi tutta la faccia. Chiuse velocemente i vetri e si allontanò dalla finestra, ma ormai era tardi, tutti avevano preso a salire lungo le scale, a bussare alla porta del suo piccolo ufficio, ad assediarlo, curiosi, bramosi, con l’ansia di assistere di persona a ciò che stava accadendo là dentro. In seguito la giornata si svolse proprio come ogni altra.


            Bruno Magnolfi

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