C’erano
state delle volte in cui essersi detti la verità non aveva portato niente di buono. Così
all’incontro seguente ci eravamo guardati bene dal dirci qualcosa di personale
e dal confidarci delle opinioni che non fossero meramente generiche.
Soprattutto c’era sempre il sospetto di aver detto qualcosa di inadeguato,
oppure di mostrare una sensibilità diversa da quella degli altri. La cosa
migliore era annuire moderatamente, essere consenzienti quando tutti lo erano,
e sorridere soltanto appena un attimo dopo gli altri.
Quelle riunioni però erano
importanti, fortificare lo spirito di noi cittadini della vallata nei confronti
del paese di fronte, appollaiato là sopra quella montagna che pareva in qualche
modo sovrastare il nostro delizioso centro urbano, era importante, continuavamo
a ripetercelo fino alla nausea. Da quando avevamo iniziato a vederci le cose
erano progredite: si erano stabiliti sempre meno incontri tra noi della vallata
e quegli altri della montagna, sempre di più ognuno aveva costituito una
propria identità, persone da frequentare, locali dove ritrovarsi e cose del
genere. Non c’era niente di male, se ognuno se ne stava a casa propria non si
ponevano problemi.
Poi tutto d’improvviso franò
quando il nostro presidente, un bel ragazzo di vent’anni valligiano come noi,
colui che aveva costruito dal niente tutto quel nostro movimento, ci confidò
che si era innamorato di una ragazza della montagna. Lo disse a tutti come la
cosa più naturale del mondo: ci fu il silenzio in quell’attimo, il senso di una
grave battuta d’arresto. A niente servirono le sue scuse e la sua profonda
vergogna: fu cacciato in malo modo durante quella stessa riunione terribile e
subito proposto un suo sostituto.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento