Marco ha
un amico con il quale va spesso in un bar. Tutt’e due stanno lì, certe sere, e
lasciano che qualcuno scambi con loro un saluto, qualche battuta, la
possibilità di pagar loro un caffè. Sono atteggiamenti normali, pensa Marco,
comportamenti di tutti, basta riuscire in qualche maniera a passare la serata,
a sentirsi bene, in compagnia con altre persone che manifestano la loro stessa
sensibilità. A Marco non interessa minimamente frequentare quel bar, e se non
fosse per quel suo amico e per tutti quegli altri che a volte incontrano lì,
lui non si sognerebbe mai di andare a sedersi a quei tavolini a farsi pagare un
caffè o scambiare delle chiacchiere insulse con gente che neppure conosce.
Tanto più che il caffè non gli piace, lo ritiene soltanto un ingrediente di
tutto quel gioco che si instaura davanti a quel bancone d’acciaio, a quello
scintillare di bottiglie e di specchi, a quella manifestazione di personalità
che si snoda soltanto in un luogo deputato all’effimero, un suolo pubblico,
dove nessuno è padrone di niente, se non di quel tanto che riesce a conquistare
parlando delle cose di tutti con voce migliore, con gesti maggiormente
eloquenti. Non lo sa fare lui, lui si limita ad osservare gli altri, tutti coloro
che restano lì, a parlare di ogni argomento e a dire qualcosa di cui si possa
sentirsi d’accordo.
Marco perde coscienza di sé
qualche volta, mentre ascolta il suo amico che parla di cose che magari conosce
anche lui, con tutti gli altri che lo guardano e annuiscono con le facce
attente e curiose, e non è mai tardi quando decidono di andarsene via loro due,
lui lo sa, ma il suo amico conosce perfettamente quali siano i tempi giusti,
quelli per cui le cose dette sono sempre un po’ troppe, e perfette sono solo
quelle che rimangono in aria tanto da lasciare che ancora una sera ci voglia
per completarne il racconto. Marco avverte tutto questo, lui vuol bene al suo
amico, gli riconosce una grande capacità, ed ogni sera quando vengono via da
quel bar lui vorrebbe parlargliene, ma per quanto ci provi non ci riesce, ma sa
dentro di sé che non è affatto importante: il suo amico usa molte parole quando
parla, per questo conosce perfettamente cosa vuol dire qualcuno quando rimane
in silenzio.
Bruno
Magnolfi
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