mercoledì 19 maggio 2010

Una lettera senza importanza.

            

            Accanto alla panchina nei giardinetti dove il signor Calamassi era solito andarsi a leggere il giornale per far trascorrere almeno un’ora della sua interminabile mattinata, un piccolo foglio di carta piegato in due era rimasto sull’erba, come smarrito o dimenticato da qualcuno che oramai sicuramente era lontano. Il signor Calamassi lo aveva notato, mentre raggiungeva il suo luogo di lettura, ma in un primo tempo non si era preoccupato affatto di raccoglierlo, non gli sembrava assolutamente un compito suo interessarsi dei fatti degli altri, ma in seguito una certa curiosità gli era iniziata a venire, non foss’altro perché nel lato interno del foglio, osservandolo meglio, si intravedeva una pagina scritta con inchiostro blu, il suo preferito, in modo fitto e ordinato.
Non gli piaceva certo al signor Calamassi, dall’alto della sua posizione di docente universitario in pensione, fare la figura di quello che non tiene sott’occhio la realtà, e non si accorge neppure di un elemento, magari importante, che gli resta vicino, a portata di mano, quasi come se tutti quegli anni trascorsi dietro una cattedra non gli avessero insegnato che è solo da piccoli e nascosti particolari, uno sguardo, un passaggio di appunti, un bisbiglio all’orecchio, che si arguisce il livello di comprensione degli studenti nei confronti della materia spiegata. Quindi, a seguito di queste considerazioni, stava per alzarsi dalla panchina, la sua preferita di tutto il giardino, e andare a raccogliere il foglio, quando da un lato arrivò una giovane donna camminando malferma sui tacchi per via della ghiaia, passò di lato alla panchina dove era seduto il signor Calamassi, e non mancando di guardarsi un po’ attorno proseguì in silenzio la sua passeggiata.
Forse era lei la proprietaria del foglio di carta, pensò il signor Calamassi, forse un abbozzo di lettera d’amore scritta proprio su quella panchina e poi dimenticata là sopra, tanto che un minimo colpo di vento l’aveva in seguito appoggiata sull’erba in una zona meno visibile. Ed era certo che la signorina, tornata indietro a cercarla, non l’aveva adesso potuta vedere, perché coperta proprio dalla sagoma del signor Calamassi, che a questo punto diventava quasi complice di una situazione, correo di avere impedito il felice ritrovamento di quelle parole.
Si imponevano due scelte, almeno alla sua sensibilità battagliera: se fosse passata di nuovo la signorina il signor Calamassi doveva chiederle direttamente se era di sua appartenenza la lettera, tanto più che trovandosi ancora sull’erba non era possibile che lui ne avesse sbirciato il contenuto, sfuggendo così a qualsiasi timidezza; oppure, se questo non fosse accaduto ma nel foglio, per fortunata eventualità, fosse stato indicato l’indirizzo del destinatario, lui l’avrebbe raccolta, piegata con cura e infilata dentro a una busta per spedirla senz’altro.
La giovane donna non tornò sui suoi passi, e in compenso una mamma con il suo passeggino era venuta poco dopo a sedersi proprio sul lato libero della panchina del signor Calamassi, tanto che lui aveva quasi pensato di andarsene e lasciar campo libero. Ma poi, si era chiesto, la lettera? Non poteva abbassarsi e prenderla adesso, davanti a dei testimoni, dopo che era rimasto seduto su quella panchina per metà della mattinata, indifferente a tutti i fogli di carta del mondo. E la signorina di prima sembrava svanita, persa anche lei nella ricerca di quanto aveva smarrito.
La tensione si era fatta elevata, il signor Calamassi osservò il suo orologio e si accorse che era arrivato il momento in cui ogni giorno passava dal forno, acquistava del pane, e con quello rientrava, soddisfatto di una piccola azione a cui teneva moltissimo. Un attimo, un pensiero improvviso, e la decisione pur dolorosa infine era presa, così il signor Calamassi si alzò da quella panchina, quasi con un moto di fretta improvvisa, piegò accuratamente il giornale, salutò di sfuggita la mamma con un debole sorriso, e se ne andò per i fatti suoi, lasciando la lettera ad altri.  


            Bruno Magnolfi

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