La ragazza, sulla sponda del fiume, si era
legata sopra le spalle il suo vecchio zainetto di scuola riempito di pietre, ed
adesso restava là a piangere, assolutamente incerta sulla decisone da prendere.
Ormai era buio su quel tratto di argine che le era sempre piaciuto, dove tante
volte era andata con lui, nessuno avrebbe più potuto notarla, ma la giornata
fino a poche ore prima era stata stupenda, piena di sole, di luce, di vita. Lui
all’appuntamento non si era fatto neanche vedere, e lei sapeva perfettamente
cosa significasse quel gesto, così adesso le pareva impossibile continuare a
mangiare, a respirare, a parlare con gli altri, come se niente fosse successo.
Qualcuno, nel periodo appena trascorso, le
aveva pur detto che forse era meglio chiuderla una storia d’amore così
negativa, dove ogni gesto sembrava un ingrediente specifico concepito per
avvelenare l’esistenza di tutti. Ma lei, caparbia com’era sempre stata, aveva
voluto perseguire comunque in quell’intento, in quel cercare di costruire un
futuro con lui, e lo aveva fatto senza ascoltare nessuno, proseguendo con la
testa bassa, senza ascoltare e senza guardarsi mai attorno, quasi per scoprire
fino a che punto potevano arrivare le cose. Adesso si sentiva sfinita, lì su
quella sponda del fiume cittadino, era la prima volta in tutta la vita che
provava quel tipo di sensazione, e soltanto questo semplice pensiero era capace
di renderle anche l’idea del futuro assolutamente insopportabile.
Aveva provato già più di una volta quella sera
a scrivere un biglietto che spiegasse il suo gesto, ma le risultava quasi
impossibile racchiudere in poche parole quello che sentiva dentro di sé in quel
momento. Era come se la sua vita avesse trovato in un unico gesto il compendio in
cui concentrare i tanti possibili sviluppi, ma non sapeva perché. Piangeva, e
in quel suo pianto stava soprattutto la consapevolezza di sé, di quanto fossero
racchiuse lì dentro anche le cose che tante volte aveva sognato e che da adesso
non avrebbe più potuto realizzare. Pensava ai suoi genitori, agli amici, a lui,
e le pareva che il suo gesto potesse funzionare da monito a tutti, come se
nessuno si potesse permettere di giudicare troppo leggeri i suoi sentimenti, la
sua sensibilità, la serietà con la quale aveva intrapreso quella sua storia. Le
pareva di vederli tutti là, increduli, affranti, durante la fase di
riconoscimento del suo cadavere, e poi nella camera ardente a chiedersi come
fosse stato possibile, e ancora con quella bara di legno sopra le spalle, a
proseguire mesti le loro esistenze.
Poi dette uno sguardo al suo orologio da
polso, quasi per abitudine, e improvvisamente si sentì un’incredibile sciocca.
Le parve in un lampo che i suoi pensieri fossero troppo proiettati verso il
futuro per non provare la curiosità di scoprirlo con i suoi occhi; le sembrò
che i suoi pensieri fossero troppo egoistici per lasciare tutti a piangere
stupidamente della sua mancanza; e infine decise che probabilmente ci sarebbero
stati altri uomini nella sua vita che avrebbero avuto la capacità di farle
dimenticare di quel suo ragazzo. Pensò a tutte le cose che si era ripromessa di
fare negli anni a venire, e le parve impossibile non tener fede a quelle
intenzioni. Si tolse con fatica lo zaino da sopra le spalle, e con gesto deciso
lo gettò avanti a sé, osservandolo sprofondare in un attimo in quell’acqua
nera. Poi si arrampicò sopra l’argine, con il cielo ancora cosparso di un
chiarore di luce, e fu proprio in quell’attimo che avvertì la presenza di
qualcuno poco distante. Strinse i suoi occhi, osservò meglio, poi si accorse
con gioia infinita che era lui, il suo dolce ragazzo, venuto disperato a
cercarla, forse consapevole di quanto il suo ritardo all’appuntamento si fosse
dimostrato più grave di quanto avrebbe potuto supporre. Forse non era lui il
suo futuro, ma che cosa importava, adesso era bello pensarlo.
Bruno Magnolfi
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