Il Primo
Affarista era in ritardo. L’altro aveva fatto riservare una saletta in albergo
per il loro incontro, e adesso restava seduto continuando a prendere appunti, a
lavorare ad un file sul suo portatile e a parlare al telefono sottovoce con
certe persone degne della propria fiducia. E intanto attendeva. Il cameriere
aveva servito un caffè e dell’acqua minerale gassata, aveva preso la mancia e
chiesto gentilmente se serviva qualcos’altro; poi era uscito chiudendo con
delicatezza la porta. Si trattava quella mattina di affrontare un argomento
spinoso, una cosa che da tempo era stata rinviata nell’attesa di periodi
migliori.
Negli ultimi
tempi, in ambienti diversi, ci era convinti della convenienza di introdurre
personalità di fiducia all’interno del mondo della grande distribuzione, in
modo da controllare in maniera capillare certi meccanismi della formazione dei
prezzi e della reperibilità dei prodotti. Nelle grandi città questo era in atto
da sempre, ma nei piccoli centri della Provincia c’era ancora molto da fare.
Quella mattina si trattava di scegliere i nomi giusti tra una rosa piuttosto
corposa di persone più o meno adatte a ricoprire ruoli del genere. Naturalmente
ognuno degli Affaristi locali conservava le proprie simpatie di tipo politico e
addirittura umano, ma alla fine trovare gli accordi che non scontentassero
nessuno era fondamentale. Anzi, poteva essere quella una buona occasione per
mostrare il favore di cui godeva l’uno nei confronti dell’altro, quindi cercare
di avallare qualsiasi richiesta fosse sortita si mostrava l’elemento principale
attorno al quale girava molto del resto, considerando anche tutti gli altri
campi nei quali la spartizione degli affari possibili era senz’altro materia
per armonizzare i tanti poteri.
L’uomo
naturalmente aveva già elencato i suoi nomi: la maggior parte erano di pura
facciata, ma alcuni li avrebbe conservati per un secondo momento, quando gli
equilibri si sarebbero cominciati a costituire, lavorando su un effetto riserva
che era sempre la tattica migliore per cercare di inserire la giusta persona
senza dare importanza al suo nome. L’appoggio incondizionato di alcuni sindaci
dei Comuni di quel comprensorio era naturalmente la forza su cui appoggiare le
proprie richieste nei confronti del Primo Affarista, ma l’amicizia con il
Sottosegretario al Ministro, che quest’ultimo poteva vantare, rimaneva
sicuramente un elemento di grande importanza.
Il ritardo
iniziava a farsi vistoso, e l’uomo chiuso in attesa dentro alla saletta
insonorizzata a quel primo piano cominciava a sentirsi nervoso. Forse era una
tattica per ammorbidirlo, aveva pensato, così cercava di non dare importanza
alla cosa, nonostante avesse già iniziato a chiedersi se fosse il caso di
indagare per avere qualche notizia precisa. Poi finalmente qualcuno bussò alla
porta, ed il concierge dell’albergo introdusse nella stanza il Primo Affarista
insieme ad una persona di sua assoluta fiducia, colui che lo assisteva sempre
in qualsiasi questione, cioè il suo avvocato. Si salutarono, l’ultimo giunto si
scusò del ritardo, si sedettero uno di fronte all’altro ed iniziarono subito a
parlare delle cose che avevano a cuore.
Fu soltanto
dopo dieci minuti che la bomba piazzata dentro l’armadio a muro della saletta,
passata del tutto inosservata a chiunque, fu attivata a distanza con un
radiocomando, esplodendo con forza e uccidendo all’istante le tre persone
presenti e lasciando devastato il locale. Le registrazioni effettuate tramite
microspie piazzate dentro la stanza prima della deflagrazione rivelarono, dai
pochi dialoghi scambiati da quegli Affaristi, che la torta da spartire era
corposa, così come da qualcuno era stato già immaginato: non c’era da perdere
tempo, era inutile mandare avanti trattative ed accordi, si trattava di
sostituire quelle persone che ormai erano state giudicate non adatte con altre
migliori, tutto qua.
Bruno Magnolfi
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