Resto
sdraiato sull’erba di questo giardino senza preoccuparmi di niente. Le mie
braccia sono inerti, le mie gambe pare non abbiano peso. Sono sicuro che
qualcuno mi abbia notato, forse si è chiesto che cosa stia facendo, fermo così
sopra quest’erba un po’ umida. Ma a me non importa ciò che pensano gli altri,
guardo il cielo, ascolto la terra, penso alle parti del mio corpo che restano
ferme, senza alcun compito se non quello biologico. Se mi concentro riesco a
sentire i rumori di una città dall’altra
parte del mondo. Tutti stanno correndo verso qualcosa o verso qualcuno,
qualcuno sta sfruttando il desiderio di altri di correre verso qualcosa o verso
qualcuno, alcuni immaginano di innalzarsi al di sopra di altri solo perché
hanno capito quali siano i meccanismi che regolano quei desideri, quel correre
continuo, e così tutto si mostra come un groviglio di elementi da cui sembra
impossibile uscire. Ma al contrario io resto qui, senza interessi, immobile, come
se niente riuscisse a scalfirmi. Non mi sento superiore, sono soltanto uno
qualsiasi, eppure ritengo che non valga la pena di correre e industriarmi per
riuscire ad essere alla fine così, come siamo tutti: uno qualsiasi, sdraiato
sull’erba, senza possibilità di cambiare le cose.
Infine
mi alzo, raggiungo la mia macchina, percorro i viali alberati e rientro nella
mia casa. Continuo a pensare, sono ancora convinto che niente valga la pena di
cercare qualcosa che è già definito, potrei continuare per tempi lunghissimi a
pensarci, eppure qualcosa mi percorre la mente e mi lascia perplesso. Forse ho
perso la mia identità, dico davanti a uno specchio, forse con il mio
atteggiamento passivo non faccio altro che rendere forte chi si diverte con la
mia apparente perplessità. Accendo la televisione, mi sdraio sopra al divano e
ritrovo quel senso di niente che avevo avvertito poco fa. Probabilmente è
proprio così che devo essere, sprofondato in poche cose senza grandi
significati, insulso, pronto a respingere gli altri solo perché mi
assomigliano.
Bruno
Magnolfi
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