Un
mozzicone di matita in un angolo, rimasto lì chissà quanto tempo. Angi si
volta, vede il mozzicone, cerca di rammentarsi in quale occasione possa
essergli caduto per andare ad infilarsi là dentro. Ma la memoria non sembra
aiutarlo, e tra l’altro gli pare, guardandolo meglio, un tipo di matita che in
genere non ha mai adoperato. Forse sarà caduta a qualcuno dei ragazzi l’ultima
volta che sono venuti a fare i compiti da lui, pensa, ma gli pare un po’ strano
che qualcuno di loro abbia perso qualcosa e non si sia preso la briga di
tornare a cercarlo. Lo strano è anche che l’ultima volta quando i ragazzi sono
stati nella stanza di Angi a fare i compiti, era non meno di due o tre
settimane prima, e in tutto quel tempo a lui o alla sua mamma doveva essere
saltata agli occhi per forza quella matita. Non è neanche nascosta, sta lì,
quasi in bella mostra, proprio per farsi vedere.
Angi chiede notizie a sua
mamma, ma quella non ne sa proprio niente e poi ricomincia con la solfa del
disordine e cose del genere. Nella sua stanza il disordine c’è, è innegabile;
però non ci possono essere strane matite che scappano fuori dal niente. Angi
esce di casa, però si sente un po’ inquieto, è come se qualcuno avesse messo lì
l’unico oggetto che stona col resto, e proprio per questo adesso non riesce a
pensare a nient’altro. E’ quasi un affronto, lui non si è mai fatto carico di
problemi del genere, ma adesso qualcuno si permette di far rotolare uno stupido
mozzicone di matita in un angolo e poi resta lì, da qualche parte, a
sogghignare nell’ombra.
Prende la sua bicicletta Angi,
ed esce da solo sulla strada deserta per farsi un giretto, ma passa davanti
alla casa di Leo, e subito pensa che forse è stato lui a gettare quella roba
nell’angolo, giusto per fargli uno scherzo. Però è strano, Leo avrebbe messo lì
uno scarafaggio, una lucertola morta, non certo una matita, e poi avrebbe
dovuto restarsene da solo nella sua stanza per fare una cosa del genere, e
questo non è proprio successo, ne è più che sicuro, perché di Leo non si è mai
fidato. Così la giornata va avanti, arriva fino a casa di Bizio, scende dalla
sua bicicletta e suona il campanello, tanto per fare qualcosa. Sua madre gli
dice di entrare, Angi entra e raggiunge subito Bizio che sta studiando qualcosa
nella sua stanza. Non dicono niente, solo stupidaggini, ma Angi guarda negli
angoli, non riesce più a farne a meno: non ci sono matite là dentro, solo
angoli vuoti, smorti come Bizio che non riesce a far altro che star lì a studiare
e ad usare matite diverse da quel mozzicone, così anche lui resta escluso.
Tutto il quartiere adesso gli
pare pieno di angoli che nascondono matite identiche a quella che lui ha
trovato nella sua stanza, e forse anche ogni angolo di tutta la casa ne ha una,
pensa, come se non potesse esistere alcun angolo senza la sua brava matita di
appartenenza. Molla la bicicletta accostandola al marciapiede e rientra nella
sua abitazione, guarda sul campanello se ancora ci sono riportati là sopra i
nomi di suo padre e sua madre, poi va in cucina e beve dell’acqua. Si sente
confuso, tutto gli sembra leggermente diverso, come se qualcosa si fosse
spostato o avesse cambiato colore. In corridoio Angi incontra sua madre che sta
per uscire, gli chiede di restarsene in casa almeno per quell’ora che lei si
deve assentare, poi se ne va. Silenzio. Uno strano silenzio carico di tensione.
Qualcosa scricchiola da qualche parte, e lui torna in camera sua, lentamente,
seguendo un semplice sospiro dell’aria: non c’è più quel maledetto mozzicone di
matita nell’angolo, non c’è più niente in quell’angolo vuoto, lo sapeva, lo
aveva capito, la realtà è un caleidoscopio di cose che esistono, che restano lì
attorno a noi, questo è certo, ma tutto è così solo se siamo consapevoli del
fatto che anche noi almeno un po’ lo vogliamo.
Bruno
Magnolfi
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