Piegato
su di me, con le braccia conserte, sdraiato in un angolo di questo vagone
chiuso del primo treno merci su cui sono riuscito a salire, immagino alberi e
case che sfilano intorno nella campagna sterminata di una regione qualsiasi.
Sento la testa sempre più vuota, ascolto la mia vita ridotta ai minimi termini,
lascio che il rumore fortissimo della terra che corre sotto di me mi faccia
sentire leggero, quasi inconsistente. Qualche faccia mi passa davanti tra i
miei pensieri, qualche espressione emerge dalla mia mente, tutto questo fa
parte solo del mio passato, ma è lontano, perduto, io so che adesso sono qui,
non conta nient’altro, e resto racchiuso in questa giacchetta logora che mi
ripara dal freddo, anche se non so neppure dove realmente mi trovo, o dove sto
andando. Non mi importa di niente, sento solo la vita dentro di me che vuol
correre ancora, proprio come questo treno merci, disperato nella fuga tra le
colline e le valli. Mi proietto in avanti, mi sento pronto per fuggire,
nascondermi, rubare qualcosa; non lo so di chi sarà stata la responsabilità per
spingermi qui, so che ho soltanto una vita, e la sento pulsare sotto la pelle,
non sarò io a fermarla, devo andare, andare, finché non mi fermeranno, per
forza.
Bruno
Magnolfi
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