domenica 20 giugno 2010

Clandestino.

           

            Piegato su di me, con le braccia conserte, sdraiato in un angolo di questo vagone chiuso del primo treno merci su cui sono riuscito a salire, immagino alberi e case che sfilano intorno nella campagna sterminata di una regione qualsiasi. Sento la testa sempre più vuota, ascolto la mia vita ridotta ai minimi termini, lascio che il rumore fortissimo della terra che corre sotto di me mi faccia sentire leggero, quasi inconsistente. Qualche faccia mi passa davanti tra i miei pensieri, qualche espressione emerge dalla mia mente, tutto questo fa parte solo del mio passato, ma è lontano, perduto, io so che adesso sono qui, non conta nient’altro, e resto racchiuso in questa giacchetta logora che mi ripara dal freddo, anche se non so neppure dove realmente mi trovo, o dove sto andando. Non mi importa di niente, sento solo la vita dentro di me che vuol correre ancora, proprio come questo treno merci, disperato nella fuga tra le colline e le valli. Mi proietto in avanti, mi sento pronto per fuggire, nascondermi, rubare qualcosa; non lo so di chi sarà stata la responsabilità per spingermi qui, so che ho soltanto una vita, e la sento pulsare sotto la pelle, non sarò io a fermarla, devo andare, andare, finché non mi fermeranno, per forza. 


            Bruno Magnolfi

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