sabato 19 giugno 2010

Nei colori del tramonto.

            

            I braccianti di colore si erano riuniti tutti tra loro alla fine dell’orario di lavoro, ed erano rimasti lì, in silenzio, come non avessero nessun posto dove recarsi. Infine si erano incamminati lungo la strada sterrata, costeggiando la stalla delle vacche, e svogliatamente erano andati ad infilarsi nelle loro baracche di legno, oltre il rimessaggio degli attrezzi. Sul fianco della collina la vigna pareva scolpita, tanto appariva simmetrica e regolare, e adesso che il sole si era avvicinato alla terra, le tonalità di verde apparivano più morbide e più intense. Davanti alla sua casa il signor Giovanni, come lo chiamavano tutti, si era seduto sui gradini di pietra per togliersi la terra dalle suole dei suoi stivali, e aveva lasciato che il cane gli girasse attorno scodinzolando per giocare.
            Quello sarebbe stato l’ultimo anno, pensava; le ultime volte di quelle giornate intere passate ad andare avanti e indietro col trattore per inseguire qualcosa che non aveva dato i frutti sperati. Non importava neppure ripensarci adesso, alla fine della stagione sarebbero arrivati i nuovi proprietari, una società che avrebbe avuto meno scrupoli a sfruttare quella terra, lui sarebbe stato già lontano, a godersi il riposo, quei pochi soldi e gli ultimi anni della sua vita.
            Un’auto vecchia e scarburata era arrivata arrancando per la strada interpoderale, nessuno che il signor Giovanni ricordava di conoscere. L’uomo era sceso guardandosi attorno, si era avvicinato di qualche passo senza fretta, poi aveva guardato a terra prima di parlargli: “Cerco un lavoro”, aveva detto, “uno qualsiasi”. Poteva avere quarant’anni, ma era difficile giudicare. “Qua sono tutti neri”, aveva risposto con ruvidezza il signor Giovanni, tanto per trovare una scusa per togliergli qualsiasi idea falsa. “Per me va bene”, aveva detto semplicemente l’uomo, e quella risposta, forse inaspettata, era piaciuta al signor Giovanni.
            La mattina seguente quell’uomo aveva iniziato a lavorare insieme agli altri, dopo aver dormito nella notte dentro la sua macchina. Il signor Giovanni l’aveva osservato, non ricordava di aver mai conosciuto una persona del genere, ed era incuriosito. A sera lo invitò nella sua casa per regolarizzare il rapporto di lavoro, aprì qualche carta sopra al tavolo restando in piedi, e lo invitò a dirgli il nome e ad apporre la sua firma in fondo ai fogli. L’odore di terra e di sudore ristagnava intorno, i braccianti avevano intonato una nenia che si sentiva arrivare da lontano, quasi una vibrazione, come una mosca nella stanza. L’uomo fece quanto era richiesto, poi si volse per raggiungere la porta, ma si fermò, e senza che nessuno gli avesse chiesto niente, disse che la vita era strana, certe volte ti sbatteva nell’aria come una bandiera, ma non c’era da prendersela, le cose a volte andavano bene, a volte male.
            Il signor Giovanni non lo interruppe, ma dopo una pausa, a bassa voce, disse: “Vendo tutto, tra poco, anche a me non è andata benissimo; o almeno non come speravo…”. “Lo so”, disse l’uomo; “però bisogna anche imparare ad osservare i colori del tramonto, come quelli di stasera, e qualche volta lasciarsi affascinare, senza porsi troppe domande. Se si cerca sempre il meglio saremo sempre e soltanto dei perdenti”.


            Bruno Magnolfi

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