La
ragazza quel pomeriggio aveva ciondolato con le amiche per quasi un paio d’ore
attorno a quel chiosco di bibite, nel
fresco dei giardinetti di piazza della fontana, ed anche se in certi momenti si
era sentita annoiata, ugualmente aveva cercato di rimanere con loro il più a
lungo possibile, soprattutto per capire cosa avrebbero deciso di fare le altre
per quella serata di sabato. I maschi erano rimasti tutto il tempo a ridere e a
fumare per conto loro intorno ad una panchina, e a nessuno era passato per la
testa di organizzare qualcosa. Era stato solo quando si erano salutate che una
di loro, con lo scooter già in moto, aveva detto a voce alta ad un’altra: “Ci
vediamo alle dieci da Remo”, poi era partita in una nuvola di fumo grigiastro.
Remo era un altro bar all’aperto del solito circuito dei sabato sera, niente di
nuovo, tutto si prospettava come un film già veduto.
Una volta in camera sua, a casa
dei suoi genitori, lei aveva impiegato però quasi un’ora per scegliere
l’abbigliamento più adatto, qualcosa che la facesse apparire così trasandata da
sentirsi a suo agio con le altre ragazze, anche se scegliere gli abbinamenti
più adatti non era mai semplicissimo. Lei immaginava sempre che qualcuno dei
maschi una volta si staccasse dal gruppo, così, senza preavviso, venisse da lei
a chiedere di parlarle o a invitarla sul motorino ad andare da qualche altra
parte. Non era un sogno d’amore, solo la voglia di sentirsi diversa. Ma se ci
pensava a fondo non era neanche questo ciò che desiderava davvero. Anzi, se ci
pensava per bene, non c’era nemmeno qualcosa che volesse di più, le sarebbe
stato sufficiente non provare quella specie di noia che quasi sempre la
coglieva, anche se spesso fingeva di stare allegra e di divertirsi. Però certe
volte pensava che se avesse avuto un ragazzo forse avrebbe potuto scegliere un
abbigliamento diverso, forse un po’ più elegante. No, era impossibile. Lei
doveva essere esattamente come erano tutte le altre sue amiche, almeno fino a
quando continuava a frequentarle, non c’era altro da fare.
Alle nove e trenta uscì di casa
con la testa poco convinta di tutto, lasciò le raccomandazioni previste ai suoi
genitori con spavalda sicurezza di sé e lasciandosi dietro un gran sorriso, poi
si incamminò. Davanti al portone, forse aspettando qualcuno, c’era un suo
vicino di casa, un ragazzone della sua età con la faccia sveglia e la testa
sempre rapita da qualcosa da fare o di cui interessarsi. Lui la osservò per un
attimo, le lanciò un saluto semplice e corretto, poi, come fosse la cosa più
naturale del mondo, le chiese in tono di scherzo e semplicemente, senza
guardarla: “Ma non sarà il caso di uscire qualche volta io e te, visto che
perlomeno abitiamo vicino? Magari si potrebbe scoprire che forse siamo più affini
di quello che avremmo mai sospettato”. Lei si soffermò per un attimo, allargò
l’espressione in un sorriso leggero e sorpreso, poi volse la testa e si avviò
per raggiungere in fretta le sue amiche, allontanando dalla mente qualsiasi
altro pensiero: forse le ragazze erano già lì, la stavano aspettando, erano già
tutte a quel bar, lo sapeva, non poteva tardare proprio lei.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento