mercoledì 9 giugno 2010

Le amiche per sempre.

           

            La ragazza quel pomeriggio aveva ciondolato con le amiche per quasi un paio d’ore attorno a  quel chiosco di bibite, nel fresco dei giardinetti di piazza della fontana, ed anche se in certi momenti si era sentita annoiata, ugualmente aveva cercato di rimanere con loro il più a lungo possibile, soprattutto per capire cosa avrebbero deciso di fare le altre per quella serata di sabato. I maschi erano rimasti tutto il tempo a ridere e a fumare per conto loro intorno ad una panchina, e a nessuno era passato per la testa di organizzare qualcosa. Era stato solo quando si erano salutate che una di loro, con lo scooter già in moto, aveva detto a voce alta ad un’altra: “Ci vediamo alle dieci da Remo”, poi era partita in una nuvola di fumo grigiastro. Remo era un altro bar all’aperto del solito circuito dei sabato sera, niente di nuovo, tutto si prospettava come un film già veduto.
Una volta in camera sua, a casa dei suoi genitori, lei aveva impiegato però quasi un’ora per scegliere l’abbigliamento più adatto, qualcosa che la facesse apparire così trasandata da sentirsi a suo agio con le altre ragazze, anche se scegliere gli abbinamenti più adatti non era mai semplicissimo. Lei immaginava sempre che qualcuno dei maschi una volta si staccasse dal gruppo, così, senza preavviso, venisse da lei a chiedere di parlarle o a invitarla sul motorino ad andare da qualche altra parte. Non era un sogno d’amore, solo la voglia di sentirsi diversa. Ma se ci pensava a fondo non era neanche questo ciò che desiderava davvero. Anzi, se ci pensava per bene, non c’era nemmeno qualcosa che volesse di più, le sarebbe stato sufficiente non provare quella specie di noia che quasi sempre la coglieva, anche se spesso fingeva di stare allegra e di divertirsi. Però certe volte pensava che se avesse avuto un ragazzo forse avrebbe potuto scegliere un abbigliamento diverso, forse un po’ più elegante. No, era impossibile. Lei doveva essere esattamente come erano tutte le altre sue amiche, almeno fino a quando continuava a frequentarle, non c’era altro da fare.
Alle nove e trenta uscì di casa con la testa poco convinta di tutto, lasciò le raccomandazioni previste ai suoi genitori con spavalda sicurezza di sé e lasciandosi dietro un gran sorriso, poi si incamminò. Davanti al portone, forse aspettando qualcuno, c’era un suo vicino di casa, un ragazzone della sua età con la faccia sveglia e la testa sempre rapita da qualcosa da fare o di cui interessarsi. Lui la osservò per un attimo, le lanciò un saluto semplice e corretto, poi, come fosse la cosa più naturale del mondo, le chiese in tono di scherzo e semplicemente, senza guardarla: “Ma non sarà il caso di uscire qualche volta io e te, visto che perlomeno abitiamo vicino? Magari si potrebbe scoprire che forse siamo più affini di quello che avremmo mai sospettato”. Lei si soffermò per un attimo, allargò l’espressione in un sorriso leggero e sorpreso, poi volse la testa e si avviò per raggiungere in fretta le sue amiche, allontanando dalla mente qualsiasi altro pensiero: forse le ragazze erano già lì, la stavano aspettando, erano già tutte a quel bar, lo sapeva, non poteva tardare proprio lei.


Bruno Magnolfi

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