Alla sera
la nave petroliera stava ancora lì, quasi sulla linea dell’orizzonte, ferma nel
mare, ormeggiata nell’attesa di chissà che cosa. Le luci sul ponte brillavano
debolmente, lasciando immaginare qualche marinaio in coperta, con gli
avambracci appoggiati sulla paratia, a parlare di donne e a fumarsi una
sigaretta nella debole brezza della notte. Vista con quegli occhi, la
terraferma era soltanto un profilo scuro e ondulato zeppo di grappoli di luci,
sotto alle quali la gente passeggiava, godendosi il fresco e la serata. C’era
tutto laggiù, in quella parte di mondo, e dalla distanza del braccio di mare
che separava loro dalla terraferma, tutto appariva più semplice, più leggero,
colmo di propositi a cui attendere, una volta sbarcati da quella nave
puzzolente e oleosa, lentissima quando navigava a pieno carico. Eppure in
quella lentezza si erano misurate tante volte le incommensurabili distanze, e
così come si arrivava prima o poi ai terminal petroliferi di enormi raffinerie
incendiate di apparente progresso e di lavoro, ugualmente per ciascun marinaio
dallo stomaco robusto, ci doveva essere un futuro da qualche parte, un progetto
giusto quanto un sogno, per chi aveva resistito per stagioni infinite nell’affrontare
qualsiasi mareggiata, senza mai troppo scomporsi. Passò la notte, così, con la
prua allungata in faccia al vento, e la mattina dopo la nave petroliera aveva
salpato, e non c’era più in quell’angolo di mare.
Bruno
Magnolfi
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