Mentre
tornavo in città con la mia auto mi chiedevo ancora il motivo della voglia che
mi era presa di trascorrere quel pomeriggio domenicale nella casa di campagna
di quei miei amici di vecchia data. Ero arrivato da loro in quel primo
pomeriggio, dopo avergli fatto una semplice telefonata, e ci eravamo piazzati a
goderci il sole nell’ampio giardino, parlando di tutto, lasciandoci andare a
tutto quello che ci veniva alla mente. Poi, come spesso mi capita, mi era presa
la voglia di andarmene via, nonostante loro insistessero a trattenermi per
cena, così mi ero inventato una scusa qualsiasi, e dopo grandi saluti ero
risalito sulla mia macchina. Ma dopo pochi chilometri, al bordo della piazza
del primo paese che si incontra lungo la strada, avevo parcheggiato, tanto per
fare qualcosa, ed ero entrato in un bar, uno di quelli senza pretese, dove
qualche anziano gioca alle carte.
La verità era
che non avevo alcuna voglia di tornare nel mio appartamento dove abitavo da
solo, affrontare la serata senza alcun programma e magari finire di intristirmi
del tutto davanti al televisore. Così mi ero piazzato a sedere con in mano un
bicchiere di vino, alle spalle di alcuni che giocavano a briscola, ed in breve
mi ero lasciato prendere dalle loro strategie e dal loro entusiasmo. Ero
rimasto lì anche quando avevano smesso e se n’erano andati, affondando gli
occhi in un vecchio giornale e continuando a sorseggiare il mio vino. Quando
avevo riacceso il motore della mia auto ormai era tardi, e un senso di fame si
era improvvisamente fatto strada dentro di me, reclamando sia per il semplice
panino del pranzo, sia per l’ora di cena ormai già alle spalle.
Ciò
nonostante rientravo in città senza fretta, osservando le luci della città che
mi venivano incontro, e mentre attraversavo un quartiere ancora molto distante
dal mio appartamento, vidi ad un tratto le insegne ben accese di una trattoria
ancora aperta, un posto dove non ero mai stato. Mi fermai, chiesi se era
possibile mangiare qualcosa, mi fu risposto di si, entrai sedendomi ad un
tavolino di legno, tra una coppia in discussione davanti al caffè e un
gruppetto di ragazzi che tiravano tardi raccontando storielle.
Chiesi
qualcosa di pronto e mi fu servito, poi concentrai i miei pensieri su quella
giornata un po’ assurda. Mi capitava spesso di cenare da solo, e ne ero
contento, lo trovavo un gesto importante, a volte mi sembrava quasi un premio quel
momento che mi concedevo. Gli altri in genere rimanevano tutti distanti di
fronte a quella mia scelta, invece per me era quasi motivo di orgoglio.
Mi
feci portare un caffè una volta terminato, poi senza essermene accorto, mi
cadde il tovagliolo dal tavolo. Il cameriere lo prese, me lo porse, io dissi
grazie, ma quando lo guardai mi venne di dirgli che non aveva alcuna importanza
per me una cosa del genere, perché non c’era niente che mi mancasse davvero, anche
le cose che a volte perdevo non tornavo mai a ricercarle; forse continuavo a
girare dentro qualcosa ormai definito senza sapere neppure cosa fosse a
trascinarmi in avanti: forse non lo sapevo, ma doveva proprio essere in quella
maniera, pensavo, vivere la solitudine; forse non c’era neppure un’altra
maniera per viverla. Così pagai il conto, mi alzai salutando con cortesia il
cameriere, ed uscii dal locale, pronto per qualsiasi altra cosa.
Bruno
Magnolfi