La prima coltellata la sferrai con forza, stringendo bene con
le dita quel manico robusto, affondando il più possibile la lama dentro al
corpo. Non parlavo, non dicevo niente, non sentivo il bisogno di dire una sola parola,
però guardavo con occhi fissi quello che facevo, ed i miei gesti si
convincevano mentre andavo avanti. Non conoscevo quell’uomo, però provavo un
sentimento di schifo nei suoi confronti, anche se non ero riuscito a chiarire
dentro di me il vero motivo di quella sensazione. Sentivo che non sarei stato
capace di cancellare in fretta quella repulsione che provavo, eppure il mio
comportamento era l’unico giustificabile, il solo che potevo sentire come mio,
immedesimandomi in quei fendenti come se non ci fosse stato altro, nient’altro
possibile per me in quei momenti.
Di quel corpo provavo un viscerale ribrezzo, forse dello
sguardo, forse dell’odore, non so; ciò di cui ero più certo è che non
sopportavo di sentirlo ancora respirare, e proprio in quei momenti quell’essere
immondo aveva iniziato ad emanare dei rantoli odiosi ed osceni. Così con una
delle coltellate successive gli tagliai la gola, però tenendomi a distanza, con
il braccio disteso, un colpo secco, quasi cercassi di non avere niente a che
fare con quella carne molle, quello sguardo di vecchio, quel viso insanguinato,
adesso quasi irriconoscibile, quel corpo puzzolente. Con la punta della lama
continuai a tagliuzzargli la schiena e le braccia mentre rantolava a terra, poi lasciai andare il coltello, e subito
presi a calci quel corpo che ormai non si muoveva neanche più, quasi
desiderando che facesse ancora resistenza, che si ribellasse al suo destino,
per inondarmi ancora di soddisfazione.
Infine lo coprii di polvere e di terra usando le mie scarpe
per sollevarne tutt’intorno, quasi a cercare di assorbire quel sangue che aveva
sporcato il viottolo, quella stradina di campagna vicina ad una macchia di
lecci e di querce, come desiderando annullare, disintegrare quel corpo
ignobile. Scoprii all’improvviso di avere sudato nello sforzo di colpire, poi
vidi un legno, un semplice bastone, lo passai sotto a quelle braccia che non
facevano più alcuna resistenza, e trascinai quel corpo fino dentro al bosco;
vidi una specie di fossa e lo feci rotolare dentro, poi, sempre con i piedi, lo
coprii alla meglio di terra e sassi, e infine me ne andai.
Non raccontai mai niente di quell’incontro, e nessuno me ne
chiese nulla. Ma io spesso ripenso a quanto era accaduto quel giorno, ed ogni
volta riprovo la stessa sensazione, quella voglia profonda di distruggere chi
mi assomigliava.
Bruno Magnolfi
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