I passi misurano la distanza dei
pensieri tra loro, e la mente elabora figure geometriche impossibili. La città
ruota attorcigliando se stessa attorno a dei punti invisibili, come in un
obiettivo dalla messa a fuoco indefinita, e le prospettive delle strade
appaiono negate, senza trovare uno sbocco. Le autoambulanze lasciano echeggiare
le loro sirene attorno al luogo dell’incidente, i curiosi affollano tutta la
via, ai margini si fanno i primi commenti. Qualcosa è accaduto, è l’obolo da
pagare al movimento affannoso della folla, la gente nevrotica alla ricerca
spasmodica di qualcosa. Si procede, si passa più avanti, non c’è assolutamente
bisogno di soffermarsi oltre lo stretto necessario.
L’uomo è da
solo nel suo passeggiare senza meta, le persone lo sfiorano, nessuno lo nota, è
una figura inesistente nel suo essere fuori da ogni riconoscibile logica.
Eppure è un individuo comune: pensa, cammina, si comporta come qualsiasi altro,
soltanto ha qualcosa sotto al cappotto che ne fa una persona speciale.
Nessun’arma ordinaria, niente che sembri un oggetto offensivo, soltanto un
coltellino minuscolo che impugna dentro a una mano, sprofondata nella sua
tasca.
Poi si
ferma, si avvicina a un portone socchiuso, entra in un andito buio, sale due
rampe di scale fino ad arrivare davanti a una porta qualsiasi. Incide
velocemente e in silenzio nel legno di un’anta una scritta con quel suo
temperino affilato, poi scende rapidamente, ritornando sul marciapiede e
riprendendo il medesimo passo di prima. In quel giorno ha inciso decine di
volte la medesima cosa, quelle stesse parole:
POVERI ILLUSI
E’ così che il suo astio nei
confronti del mondo trova la sua completezza, e nel suo vagare non può fare a
meno di comportarsi così, non potrebbe immaginare una cosa diversa, perché lui
sa di essere fuori da tutto, e nessuno riuscirà mai ad averlo.
Bruno
Magnolfi
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