Il nome della ragazza era Sofia e
aveva iniziato a lavorare con un contratto a tempo indeterminato e periodo di
prova di tre mesi, presso l’ufficio postale del suo paese. Dapprima la
direttrice le aveva detto di smistare delle cose sul retro, ma dopo qualche
giorno di adattamento l’aveva fatta sistemare ad uno degli sportelli aperti al
pubblico, a servire i clienti del servizio postale. Il lavoro non era
difficile, e in poco tempo era possibile capire tutti i rudimenti per non
impappinarsi.
Sofia non era una grande bellezza,
era una che generalmente non si notava, per questo il ruolo che le avevano
assegnato a lei sembrava poco adatto, considerato che le persone quando le
passavano davanti spesso neppure la salutavano. Perciò aveva deciso di fare
subito qualcosa, iniziando a truccare gli occhi e le labbra più accuratamente,
ad indossare vestiti un po’ scollati con tanto di orecchini e collane vistose,
fino a forzarsi per essere più sciolta e più socievole. Anche la sua
capigliatura aveva subito in quei pochi giorni un cambio drastico, e sistemata
in quel modo notevolmente differente lei cercava adesso di guardare bene le
persone, di sorridere a tutti, pur senza alcun sussiego, e lasciare ai più la
possibilità di osservarla a loro volta e di trarne un’immagine di personalità,
di simpatia e di efficienza, di una ragazza impostata e radicalmente diversa da
quella che era stata fino a poco prima, insomma.
In pochi giorni aveva iniziato a
sentirsi sempre meglio e più a suo agio, molti le allungavano discorsi sul
tempo o su altre cose che spesso niente avevano a che vedere col mondo postale,
e a lei iniziava a piacerle sempre di più quel suo lavoro, tanto da impegnarsi
a fondo per svolgerlo bene e soprattutto in fretta. Un suo collega, quando la
incrociava da sola lungo il corridoio, non evitava di fare apprezzamenti
simpatici e quasi al limite del consentito, ma Sofia non ci badava, sentiva
crescere la sua autostima e le cose le pareva scorressero bene così.
La direttrice poi la chiamò dentro al
suo ufficio, le fece chiudere la porta, la osservò senza parlare, quindi, dopo
quella pausa di silenzio, le disse senza mezze parole che in un posto pubblico
non ci stava bene una persona come lei, troppo vistosa, e secondo il suo parere
era il caso che per il fine settimana pensasse bene a queste cose e presentasse
per il lunedì successivo una semplice lettera di dimissioni, prima di evitare
spiacevoli richiami ufficiali.
La domenica di Sofia fu di estrema
sofferenza, pensava continuamente a quelle parole e a tutto il resto, infine,
il lunedì, si presentò come sempre all’ufficio postale. Naturalmente prese
posto allo sportello come se niente fosse successo, andando avanti con il suo
lavoro esattamente come i giorni precedenti, ma a metà della mattina, in un
momento di calma, la direttrice la chiamò dentro al suo ufficio.
“Non ho niente da dirle”, spiegò
Sofia prima che l’altra prendesse la parola. “A me piace questo lavoro, e non
credo di far niente di male se cerco di sviluppare una mia immagine. Il
problema in ogni caso non è mio, anzi, se devo dire quello che penso, io non
vedo proprio alcun problema. Lascio a lei qualsiasi decisione, ma sappia fin
d’ora che non starò qui a subire e basta”; e con queste parole uscì dall’ufficio
per riprendere il suo posto allo sportello.
Bruno Magnolfi
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