La brezza leggera di questa mattina
giunge piacevole a muovere con delicatezza le foglie degli alberi, e tutti gli
oggetti del mondo, pur disposti in maniera spesso casuale, paiono sistemati in
modo studiato a creare le coreografie delle scene che probabilmente si
svolgeranno nella giornata. Le persone camminano, si salutano a volte,
incontrandosi, spesso si sfiorano senza sapere niente l’una dell’altra, ma
tutto il disegno che le muove appare funzionale, logico, organico a quello che
deve accadere.
Ho avvertito
durante la notte le avvisaglie di qualcosa che si è mosso nell’ombra, le mie
percezioni mi hanno convinto che ci sono dei fatti che devono accadere, forse
non sono l’unico ad averne sentore, non sono il solo ad aver compreso che
questo sarà probabilmente un giorno speciale, in ogni caso devo cercare
l’origine dei cambiamenti, il fulcro del divenire.
Mi muovo per
casa dopo aver riflettuto a lungo nelle mie osservazioni della città fatte
dalla finestra: adesso ho bisogno di uscire, incontrare la gente, ascoltare i
messaggi ulteriori che mi possono giungere a completamento del quadro che ho
iniziato ad formarmi, quello che mi è stato suggerito dalle voci invisibili. Mi
hanno parlato stanotte, lo hanno fatto direttamente nelle mie orecchie, mi
hanno spiegato che niente sarà più lo stesso, ed io mi sono svegliato di colpo,
con la faccia sudata, le mani rattrappite, il terrore negli occhi. Ma ancora
non so niente, ho solo la sensazione di qualcosa che deve accadere, ma non so
dove, in che modo, che cosa.
Cammino
lungo la strada, frugo con gli occhi i bordi dei marciapiedi e gli angoli delle
case, ma niente pare darmi una spiegazione ulteriore: nessun segno si manifesta
in modo più chiaro. Continuo a cercare, mi muovo, cambio quartiere. C’è gente
che entra e che esce continuamente da dentro ai negozi, osservo le scarpe delle
persone, mi pare sia da lì che possa derivare la spiegazione che cerco. Poi
entro anche io in una bottega, non so neppure per quale motivo, davanti al
banco ci sono tre o quattro persone che fanno la fila aspettando di essere
servite. Osservo tutto il negozio, gli scaffali, i prodotti che sono lì
esposti, ma non vedo niente, non c’è niente che mi stimoli i sensi.
Torno sul
marciapiede, vado ancora avanti, poi mi infilo dentro a un mercato al margine
di una piazza. C’è profumo di ortaggi nell’aria, qualcosa mi dice che quello è
il posto in cui posso avere gli elementi che cerco, il luogo giusto insomma; su
qualche espressione inizio a leggere uno smarrimento che prima non c’era,
affiora qualcosa tra i pensieri delle persone che si muovono tra le bancarelle,
punti interrogativi importanti, necessità di chiarezza per i dubbi che
insistono nelle menti di quella gente.
Vedo una
donna, la guardo da dietro, so con certezza che è lei quella che sa. Mi
avvicino, la sfioro, una specie di energia elettrica emana dalla sua persona,
sarà lei e nessun altro, penso, che potrà spiegare ogni cosa. La seguo, cerco
un collegamento con i suoi pensieri, sento ad un tratto un forte formicolio
nella mia testa, come se migliaia di informazioni mi giungessero
contemporaneamente, senza avere la capacità di riceverle correttamente e
metterle in ordine.
Poi lei si
ferma, si volta, mi guarda: i suoi occhi sono di ghiaccio, il suo sguardo
magnetico mi spinge chissà verso dove. Si allontana, la guardo, non
dimenticherò facilmente questo messaggio: ogni cosa è perduta per me, ora lo
so, adesso dovrò ricominciare tutto daccapo.
Bruno
Magnolfi
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