giovedì 2 luglio 2009

Frammento di dialogo.



            “A volte ho l’impressione di muovermi dentro ad un bozzolo”, disse la persona di sesso maschile e di razza caucasica. “Riflettendoci meglio, so anche che compiendo un grandissimo sforzo potrei rompere e liberarmi del guscio, ma sono altrettanto sicuro di scoprire, in questa maniera, di trovarmi all’interno di un ulteriore e ben più consistente involucro, soltanto più grande”. “E’ tipico”, disse il dottore, “non mi dice niente di nuovo; però vada avanti, la prego”. “Vede”, disse la persona di sesso maschile, “quando mi trovo da solo riesco a convincermi di avere il coraggio e la forza per affrontare il mondo degli altri, quello che sta fuori dal guscio; ma quando poi mi trovo realmente con gli altri, la forza e il coraggio che avevo avuto fino ad un attimo prima, sfumano subito, ed io mi ritrovo sconfitto a subire i rapporti con le persone che incontro, senza essere nemmeno capace di pormi sul medesimo piano con loro. E’ questo il problema, mi sento sconfitto, ma se ripenso al passato sono sicuro che ogni sconfitta realmente subita da me, è stata così solo perché io ho voluto che le cose andassero in quella maniera, partendo perdente, ne sono convinto. E questo pensiero, purtroppo, mi deprime ancora di più”.  “Mi faccia un esempio”, disse il dottore. “All’età di quindici anni, visto che mi piaceva tantissimo, mio padre mi regalò una bicicletta da corsa”, continuò la persona di sesso maschile. “Andavo come il vento, battevo tutti coloro che cercavano di starmi vicino, e non ero mai stanco; avevo gambe, resistenza, fiato, tutto quello che occorre. Mi iscrissi a qualche gara per dilettanti e ne vinsi diverse. Quando arrivò il momento di inserirmi dentro a una squadra, di fare davvero sul serio, cominciai a non andare più tanto bene. In poco tempo smisi del tutto e riposi la bicicletta in un angolo. Adesso, se solo ripenso a quegli anni, mi prende una tristezza infinita. Potevo aver fatto molto di più, ma qualcosa mi ha tirato da parte, non mi ha lasciato fare tutto il percorso”. Il dottore si era intanto tirato su in piedi, aveva fatto qualche passo dentro la stanza, aveva guardato per terra. “E’ la fiducia in se stesso che le manca”, aveva osservato. “Per fare le cose lei deve sentirsi costretto, altrimenti rinuncia”. “Si, è proprio così”, rispose la persona di sesso maschile. “Bene”, riprese il dottore con enfasi, “le preparerò un elenco di cose da fare: andare nei bar, alle manifestazioni sportive, a passeggio, sempre da solo, ma dovrà cercare ogni volta di conoscere almeno qualche persona, chiedere loro il nome e il telefono, far conoscenza insomma, e portarmi ogni volta una relazione precisa di quello che ha fatto: spinto da me sono sicuro riuscirà in poco tempo a superare parecchi suoi limiti. Lei non è una persona qualsiasi, dentro di lei albergano potenzialità forti, possibilità di grande successo, capacità per raggiungere scopi insospettabili. Deve fidarsi di me, anzi, non ha neanche una scelta diversa, ma un’unica cosa in tutto il periodo non dovrà mai dire a nessuno, ed è questa: - me lo ha detto il dottore! – “.


Bruno Magnolfi

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