domenica 5 luglio 2009

Inutile fuga.



            I bambini avevano a lungo continuato a rincorrersi sul prato spazioso, e Valerio li aveva distrattamente osservati, continuando a sorseggiare la birra seduto al tavolino del chiosco, sotto alla frescura dei grandi platani e dei tigli del parco che riempivano la vista di verde e tranquillità al margine di un viale sempre pieno di traffico. Il pomeriggio di quella domenica sembrava apparentemente scorrere via, calmo e distratto, senza problemi, lasciando alle spalle del giorno soltanto pensieri comuni e riflessioni ordinarie. Invece, solo qualche ora prima, a Valerio avevano detto che doveva fuggire. Alla sua vicina di casa i carabinieri avevano chiesto notizie di lui, e tutto era apparso già chiaro. Cambiando nome Valerio si era convinto, per quei dieci anni durante i quali aveva abitato in quella città, in quel palazzo senza caratteristiche degne di nota, di esser riuscito a lasciare il passato fuori dalla sua nuova vita. Non era così, doveva fuggire di nuovo, lasciare tutto quello che era riuscito a mettere assieme, trovare un’altra città, un altro nome, un nuovo lavoro. Forse non avrebbe neppure dovuto rientrare nel suo appartamento, nemmeno per prendere le cose più utili o più urgenti: sicuramente l’ingresso era osservato di notte e di giorno, la trappola senz’altro era pronta, ci sarebbe cascato come un pivello. Eppure stavolta, davanti alla birra, seduto in quel chiosco, Valerio si sentiva mancare la forza: non era facile abbandonare tutto quello che era riuscito a mettere assieme, andarsene ancora, interrompere quel flusso di vita che adesso era parso così regolare; e poi non riusciva neanche a immaginare in quale altro posto fuggire. Aveva ormai perso le conoscenze di un tempo, non sapeva neppure a chi poteva rivolgersi, adesso, e all’improvviso il suo mondo si riduceva ad un incubo, un incubo che aveva vissuto già tanti anni prima, ma con uno spirito del tutto diverso, con un’energia che adesso aveva perduto. Non avrebbe mai voluto finire la birra che teneva sul tavolo, non avrebbe mi voluto che i bambini smettessero di correre sul prato poco distante, il denso flusso di traffico lungo il viale doveva invece riprenderlo dentro di sé, portarlo verso qualcosa, era così, continuava ad imporre questo pensiero tra tutti quelli possibili, ma lui non riusciva a trovare una decisione da prendere. Alla fine si alzò, pagò la sua birra e si avviò verso casa: qualsiasi decisione da prendere sarebbe stata presa da altri, almeno quel giorno, Valerio non si sentiva capace di scegliere ancora qualcosa, forse era quello il suo limite, forse, da qualche parte sopra a quel libro pazzo sul suo destino, era scritto che quella domenica non era la migliore per lui.


Bruno Magnolfi

Nessun commento:

Posta un commento