I
bambini avevano a lungo continuato a rincorrersi sul prato spazioso, e Valerio
li aveva distrattamente osservati, continuando a sorseggiare la birra seduto al
tavolino del chiosco, sotto alla frescura dei grandi platani e dei tigli del
parco che riempivano la vista di verde e tranquillità al margine di un viale
sempre pieno di traffico. Il pomeriggio di quella domenica sembrava
apparentemente scorrere via, calmo e distratto, senza problemi, lasciando alle
spalle del giorno soltanto pensieri comuni e riflessioni ordinarie. Invece,
solo qualche ora prima, a Valerio avevano detto che doveva fuggire. Alla sua
vicina di casa i carabinieri avevano chiesto notizie di lui, e tutto era
apparso già chiaro. Cambiando nome Valerio si era convinto, per quei dieci anni
durante i quali aveva abitato in quella città, in quel palazzo senza
caratteristiche degne di nota, di esser riuscito a lasciare il passato fuori
dalla sua nuova vita. Non era così, doveva fuggire di nuovo, lasciare tutto
quello che era riuscito a mettere assieme, trovare un’altra città, un altro
nome, un nuovo lavoro. Forse non avrebbe neppure dovuto rientrare nel suo
appartamento, nemmeno per prendere le cose più utili o più urgenti: sicuramente
l’ingresso era osservato di notte e di giorno, la trappola senz’altro era
pronta, ci sarebbe cascato come un pivello. Eppure stavolta, davanti alla
birra, seduto in quel chiosco, Valerio si sentiva mancare la forza: non era
facile abbandonare tutto quello che era riuscito a mettere assieme, andarsene
ancora, interrompere quel flusso di vita che adesso era parso così regolare; e
poi non riusciva neanche a immaginare in quale altro posto fuggire. Aveva ormai
perso le conoscenze di un tempo, non sapeva neppure a chi poteva rivolgersi,
adesso, e all’improvviso il suo mondo si riduceva ad un incubo, un incubo che
aveva vissuto già tanti anni prima, ma con uno spirito del tutto diverso, con
un’energia che adesso aveva perduto. Non avrebbe mai voluto finire la birra che
teneva sul tavolo, non avrebbe mi voluto che i bambini smettessero di correre
sul prato poco distante, il denso flusso di traffico lungo il viale doveva
invece riprenderlo dentro di sé, portarlo verso qualcosa, era così, continuava
ad imporre questo pensiero tra tutti quelli possibili, ma lui non riusciva a trovare
una decisione da prendere. Alla fine si alzò, pagò la sua birra e si avviò
verso casa: qualsiasi decisione da prendere sarebbe stata presa da altri,
almeno quel giorno, Valerio non si sentiva capace di scegliere ancora qualcosa,
forse era quello il suo limite, forse, da qualche parte sopra a quel libro
pazzo sul suo destino, era scritto che quella domenica non era la migliore per
lui.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento