Appena
la vide si rese subito conto, pur non conoscendola affatto, che se quella donna
ancor bella, pur di un’età già avanzata, era venuta da lui, con gli occhi bassi
e con la faccia seriosa, significava che non c’era nessuno, oltre il prete, con
cui lei poteva parlare. Don Pino dentro al quartiere era conosciuto da tutti, e
tutti lo trattavano come uno di loro, ma spesso la chiesa, quando diceva la
messa, era troppo spaziosa per dare quel senso di intimo che lui avrebbe voluto
avere con i suoi parrocchiani. Una chiesa in cemento, moderna, che sapeva
ancora di quelle bestemmie che gli operai per costruirla probabilmente avevano
detto, e i muri alti, i cornicioni, i pavimenti a piastrelle, quasi parlavano
dell’imprenditore che aveva vinto la gara per la sua costruzione, indifferente
che fosse una scuola, una casa, un residence o un bordello. Ma quella era la
vita concreta, l’abbrutimento e il malessere di vivere in funzione dei soldi,
per potersi permettere qualcosa di più, più degli altri, più di quelli dai quali
ci si voleva distinguere, in una corsa assurda e sfrenata che non aveva valori,
ed adesso era inutile cercare di infonderli in chi spesso non capiva neanche di
quali argomenti era meglio parlare. Don Pino cercava di essere onesto con
tutti, diceva le cose così come le aveva pensate, e non faceva proseliti
fingendo che quello fosse il suo solo compito. Anzi, non parlava per niente di
Dio, se quell’argomento era di troppo, ma si sfegatava per far emergere
l’umanità che c’era in ciascuna di quelle persone che cercavano di porre
rimedio a tutto quello che avevano o non avevano fatto con una semplice
confessione affrettata, o con qualche preghiera, alcuni solo con una visita
alla chiesa e un segno di croce. Era da solo, quel pomeriggio, nella penombra
fresca e composta tra i banchi vicini all’altare, aveva recitato una messa, al
mattino, in memoria di Mario, l’amato fratello, morto già da due anni, ed
adesso si sentiva come privo di forze. Quella donna dal fare deciso non aveva
alcuna familiarità con la fede, era evidente, ragione di più per ascoltare con
maggior attenzione tutto quello che era andata a dirgli fin lì, forse per avere
un consiglio, o un responso, o solo per sfogarsi e liberare la mente da
qualcosa tenuto nascosto da chissà quanto tempo. “Ho un figlio”, gli disse lei
senza preamboli, “adesso ha quasi vent’anni, ed è suo nipote, l’ho avuto con
Mario, suo fratello che è morto ormai da due anni precisi”. “Com’è possibile?”,
farfugliò frastornato Don Pino, ma lei lo interruppe sollevandosi dalla panca
dove era rimasta accucciata per quei pochi minuti. “Non voglio niente,” lo
anticipò, “sono venuta qui solo per dirglielo”. Don Pino era confuso, cercò di
dire qualcosa che però non riuscì a far trattenere la donna; poi, quando vide
che usciva di chiesa senza voltarsi, rinunciò a qualsiasi altra cosa. In un
attimo gli parve che tutto fosse ancora da essere, che ancora si potessero
scegliere i ruoli, che ci fosse ancora tutto da dire, e capirsi, spiegarsi,
definire le cose che erano giuste al posto di quelle sbagliate, come se lui
avesse adesso vent’anni, e fosse ancora con Mario a parlare del mondo. Poi,
ritrovò il luogo in cui si trovava. Era quella la vita, pensò, amori impulsivi,
passioni brucianti che alle volte lasciavano segni tangibili. In un lampo di
memoria improvviso vide infine davanti il fratello, proprio così come lo
ricordava, e non seppe spiegarsi il perché, ma gli parve di volergli più bene,
lo sentì ancor più fratello, e più vicino di prima.
Bruno
Magnolfi
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