sabato 11 luglio 2009

Più umano di tutti.



            Appena la vide si rese subito conto, pur non conoscendola affatto, che se quella donna ancor bella, pur di un’età già avanzata, era venuta da lui, con gli occhi bassi e con la faccia seriosa, significava che non c’era nessuno, oltre il prete, con cui lei poteva parlare. Don Pino dentro al quartiere era conosciuto da tutti, e tutti lo trattavano come uno di loro, ma spesso la chiesa, quando diceva la messa, era troppo spaziosa per dare quel senso di intimo che lui avrebbe voluto avere con i suoi parrocchiani. Una chiesa in cemento, moderna, che sapeva ancora di quelle bestemmie che gli operai per costruirla probabilmente avevano detto, e i muri alti, i cornicioni, i pavimenti a piastrelle, quasi parlavano dell’imprenditore che aveva vinto la gara per la sua costruzione, indifferente che fosse una scuola, una casa, un residence o un bordello. Ma quella era la vita concreta, l’abbrutimento e il malessere di vivere in funzione dei soldi, per potersi permettere qualcosa di più, più degli altri, più di quelli dai quali ci si voleva distinguere, in una corsa assurda e sfrenata che non aveva valori, ed adesso era inutile cercare di infonderli in chi spesso non capiva neanche di quali argomenti era meglio parlare. Don Pino cercava di essere onesto con tutti, diceva le cose così come le aveva pensate, e non faceva proseliti fingendo che quello fosse il suo solo compito. Anzi, non parlava per niente di Dio, se quell’argomento era di troppo, ma si sfegatava per far emergere l’umanità che c’era in ciascuna di quelle persone che cercavano di porre rimedio a tutto quello che avevano o non avevano fatto con una semplice confessione affrettata, o con qualche preghiera, alcuni solo con una visita alla chiesa e un segno di croce. Era da solo, quel pomeriggio, nella penombra fresca e composta tra i banchi vicini all’altare, aveva recitato una messa, al mattino, in memoria di Mario, l’amato fratello, morto già da due anni, ed adesso si sentiva come privo di forze. Quella donna dal fare deciso non aveva alcuna familiarità con la fede, era evidente, ragione di più per ascoltare con maggior attenzione tutto quello che era andata a dirgli fin lì, forse per avere un consiglio, o un responso, o solo per sfogarsi e liberare la mente da qualcosa tenuto nascosto da chissà quanto tempo. “Ho un figlio”, gli disse lei senza preamboli, “adesso ha quasi vent’anni, ed è suo nipote, l’ho avuto con Mario, suo fratello che è morto ormai da due anni precisi”. “Com’è possibile?”, farfugliò frastornato Don Pino, ma lei lo interruppe sollevandosi dalla panca dove era rimasta accucciata per quei pochi minuti. “Non voglio niente,” lo anticipò, “sono venuta qui solo per dirglielo”. Don Pino era confuso, cercò di dire qualcosa che però non riuscì a far trattenere la donna; poi, quando vide che usciva di chiesa senza voltarsi, rinunciò a qualsiasi altra cosa. In un attimo gli parve che tutto fosse ancora da essere, che ancora si potessero scegliere i ruoli, che ci fosse ancora tutto da dire, e capirsi, spiegarsi, definire le cose che erano giuste al posto di quelle sbagliate, come se lui avesse adesso vent’anni, e fosse ancora con Mario a parlare del mondo. Poi, ritrovò il luogo in cui si trovava. Era quella la vita, pensò, amori impulsivi, passioni brucianti che alle volte lasciavano segni tangibili. In un lampo di memoria improvviso vide infine davanti il fratello, proprio così come lo ricordava, e non seppe spiegarsi il perché, ma gli parve di volergli più bene, lo sentì ancor più fratello, e più vicino di prima. 

            Bruno Magnolfi


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