sabato 18 luglio 2009

La realtà delle cose.



            Alberto era entrato nell’autogrill con la svogliatezza di chi ha fatto passare l’ora giusta per il pranzo, ed adesso non sa più capire se ha ancora fame o sarebbe meglio, persino con se stesso, fingere di avere già mangiato qualcosa, e continuare la sua strada a diritto, indifferente al suo stomaco vuoto. Al contrario, una volta entrato là dentro, quasi per una assodata abitudine che accomunava quasi tutti coloro che per una ragione o per l’altra giravano avanti e indietro per le autostrade di quella regione, si era subito fatto servire un croissant salato al prosciutto, assieme ad un bicchiere di tè freddo al limone. Era stato mentre addentava il primo morso, o forse il secondo, che dal tavolino per le persone di fretta, dove si stava all’impiedi, con il piccolo piano ancora un po’ bricioloso dei passati avventori, nella calma data dalle poche persone presenti in quell’ora di quel pigro pomeriggio appena iniziato, era entrata la coppia. Parlavano molto, però sottovoce, cercavano una cartina stradale che indicasse qualcosa, così si erano subito messi a sfogliarle e a guardarle negli espositori sul fondo. Lei avrà avuto 45 anni, lui forse qualcuno di meno, ma tra i due lei sfoggiava uno stile, nel modo di camminare, nel portamento, nell’espressione del viso, che gettava nell’ombra assoluta il suo sparuto compagno. Ci fu uno scambio di sguardi, con Alberto, quando lei passò davanti al suo tavolino, giusto un momento, ma sufficiente a dare un accento alle cose.  L’abbigliamento di lei era sobrio, ma nello stesso tempo era come se in qualche particolare poco evidente ci fosse una studiata sensualità, che probabilmente non traspariva agli occhi di tutti, anzi, forse solo lui l’aveva notata, come un codice strano, tramite il quale solo chi possedeva la giusta lunghezza d’onda riusciva a comprendere l‘intero messaggio. Alberto con mossa studiata e con quel minimo di disinteresse, si era girato dalla parte dei tavolini deserti, dando le spalle alla coppia, e forse passarono diversi minuti sonnacchiosi e indolenti nel niente assoluto di un pomeriggio qualsiasi in quell’autogrill anonimo dell’autostrada. Quando Alberto tornò a girarsi verso la donna, in maniera quasi automatica, le loro occhiate si incrociarono ancora, e ambedue sostennero lo sguardo uno negli occhi dell’altra, quasi a scambiarsi quel fluido magico di cui avevano piena coscienza, e fu solo a quel punto che intervenne qualcosa a cambiare la monotonia triste di quell’autogrill. Alberto aveva finito di bere anche il suo ultimo sorso di tè, e la donna, da sola, si era incamminata verso la zona dei telefoni e della toilette. Alberto la seguì, rispondendo ad un automatismo di cui non aveva memoria, e quando arrivò nel corridoio antistante alle porte dei bagni separate di uomini e donne, lei era lì ferma, che cercava qualcosa nella sua borsa. Alberto si fermò appena ad un passo, lei alzò lo sguardo e lui disse: “ciao”, come a una ritrovata amicizia. Anche lei, più sottovoce e accompagnandolo con un sorriso appena abbozzato, gli inviò lo stesso saluto, poi sollevò leggermente una mano verso di lui, e Alberto, avvicinandosi a lei, le sfiorò con il viso i capelli. Avvicinarono appena le bocche, senza baciarsi, e in quel morbidissimo abbraccio lasciarono palpitare ogni loro desiderio d’amore, tutta l’intuizione che a volte porta vicini un uomo e una donna, senza che niente possa spiegarne il magnetismo che ne accelera i moti. Infine, indietreggiando di qualche centimetro, sorrisero, ambedue nella stessa esatta maniera, e ripresero con coraggio e lentezza i loro separati percorsi, con la coscienza che niente, neanche il senso di sacrificio che sicuramente provavano, era adatto a cambiarne i tracciati.

            Bruno Magnolfi


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