Alberto
era entrato nell’autogrill con la svogliatezza di chi ha fatto passare l’ora
giusta per il pranzo, ed adesso non sa più capire se ha ancora fame o sarebbe
meglio, persino con se stesso, fingere di avere già mangiato qualcosa, e
continuare la sua strada a diritto, indifferente al suo stomaco vuoto. Al
contrario, una volta entrato là dentro, quasi per una assodata abitudine che
accomunava quasi tutti coloro che per una ragione o per l’altra giravano avanti
e indietro per le autostrade di quella regione, si era subito fatto servire un
croissant salato al prosciutto, assieme ad un bicchiere di tè freddo al limone.
Era stato mentre addentava il primo morso, o forse il secondo, che dal tavolino
per le persone di fretta, dove si stava all’impiedi, con il piccolo piano
ancora un po’ bricioloso dei passati avventori, nella calma data dalle poche
persone presenti in quell’ora di quel pigro pomeriggio appena iniziato, era
entrata la coppia. Parlavano molto, però sottovoce, cercavano una cartina
stradale che indicasse qualcosa, così si erano subito messi a sfogliarle e a
guardarle negli espositori sul fondo. Lei avrà avuto 45 anni, lui forse
qualcuno di meno, ma tra i due lei sfoggiava uno stile, nel modo di camminare,
nel portamento, nell’espressione del viso, che gettava nell’ombra assoluta il
suo sparuto compagno. Ci fu uno scambio di sguardi, con Alberto, quando lei
passò davanti al suo tavolino, giusto un momento, ma sufficiente a dare un
accento alle cose. L’abbigliamento di
lei era sobrio, ma nello stesso tempo era come se in qualche particolare poco
evidente ci fosse una studiata sensualità, che probabilmente non traspariva
agli occhi di tutti, anzi, forse solo lui l’aveva notata, come un codice
strano, tramite il quale solo chi possedeva la giusta lunghezza d’onda riusciva
a comprendere l‘intero messaggio. Alberto con mossa studiata e con quel minimo
di disinteresse, si era girato dalla parte dei tavolini deserti, dando le
spalle alla coppia, e forse passarono diversi minuti sonnacchiosi e indolenti
nel niente assoluto di un pomeriggio qualsiasi in quell’autogrill anonimo
dell’autostrada. Quando Alberto tornò a girarsi verso la donna, in maniera
quasi automatica, le loro occhiate si incrociarono ancora, e ambedue sostennero
lo sguardo uno negli occhi dell’altra, quasi a scambiarsi quel fluido magico di
cui avevano piena coscienza, e fu solo a quel punto che intervenne qualcosa a
cambiare la monotonia triste di quell’autogrill. Alberto aveva finito di bere
anche il suo ultimo sorso di tè, e la donna, da sola, si era incamminata verso
la zona dei telefoni e della toilette. Alberto la seguì, rispondendo ad un
automatismo di cui non aveva memoria, e quando arrivò nel corridoio antistante
alle porte dei bagni separate di uomini e donne, lei era lì ferma, che cercava
qualcosa nella sua borsa. Alberto si fermò appena ad un passo, lei alzò lo
sguardo e lui disse: “ciao”, come a una ritrovata amicizia. Anche lei, più
sottovoce e accompagnandolo con un sorriso appena abbozzato, gli inviò lo
stesso saluto, poi sollevò leggermente una mano verso di lui, e Alberto,
avvicinandosi a lei, le sfiorò con il viso i capelli. Avvicinarono appena le
bocche, senza baciarsi, e in quel morbidissimo abbraccio lasciarono palpitare
ogni loro desiderio d’amore, tutta l’intuizione che a volte porta vicini un
uomo e una donna, senza che niente possa spiegarne il magnetismo che ne
accelera i moti. Infine, indietreggiando di qualche centimetro, sorrisero,
ambedue nella stessa esatta maniera, e ripresero con coraggio e lentezza i loro
separati percorsi, con la coscienza che niente, neanche il senso di sacrificio
che sicuramente provavano, era adatto a cambiarne i tracciati.
Bruno
Magnolfi
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