lunedì 13 luglio 2009

Lo sbaglio.



            La ragazza si era seduta su una delle sei o sette panchine deserte sparpagliate su quella chiazza di verde compressa tra il viale e un muro di cinta di una villa privata. Il suo cagnolino scorrazzava sull’erba annusando ora i cespugli, ora i tronchi di quella decina di alberi giovani piantati in tempi recenti dentro al giardino senza grandi criteri di simmetria e di varietà vegetale. Si era portata con sé una rivista illustrata che adesso sfogliava senza troppo interesse aspettando che il suo Pinco si fosse annoiato di girare e annusare, e avesse voglia anche lui di tornarsene a casa. Il giovane vigile urbano, arrivato probabilmente da dietro, le chiese subito con un modo sgarbato se il cane era suo. La ragazza disse di sì, alzandosi in piedi e chiamando il suo cane a gran voce, chiedendo allo stesso tempo a quel vigile se ci fosse qualche problema. “In questo giardino è proibito tenere i cani senza il guinzaglio”, disse il giovane vigile urbano con lo stessa maniera di prima, dura e seriosa. “Non lo sapevo”, disse lei con vero stupore e con una soggezione crescente, “ma in questo momento, oltre io e lei, non c’è proprio nessuno, a chi potrebbe dar noia il mio cagnolino?”. “Va bene”, continuò il suo pensiero il vigile urbano, sempre senza guardarla, “ma, le devo fare una multa”. “La prego”, riprese la ragazza con la voce incrinata; “stavamo giusto per andarcene, io e il mio Pinco, per questa volta non potrebbe essere un po’ comprensivo?”. Ma il vigile aveva già estratto un suo taccuino sul quale compilava normalmente le multe, e per far questo aveva preso anche la penna per scrivere. La ragazza si sentiva ferita da quella situazione sgradevole, e per di più non riusciva a provare realmente quel senso di colpa che la multa avrebbe dovuto farle sentire, e al contrario, l’atteggiamento del vigile urbano, con il quale continuava a darsi del lei, ma che avrebbe potuto benissimo essere uno dei ragazzi della sua comitiva, era tale che per questo motivo le venne da piangere, in maniera anche intensa. Il vigile urbano a sua volta rimase colpito da quella reazione, e cercò di dire qualche parola che potesse giustificare il suo agire e ammorbidisse le cose, ma il risultato fu solo che anche Pinco, avvicinatosi a loro con fare curioso, si mise a guaire per solidarietà piena con la sua padroncina. La situazione era del tutto fuori controllo, il vigile urbano non sapeva più cosa fare, e la ragazza forse avrebbe voluto anche chiedere scusa della reazione che aveva mostrato, ma ambedue rimanevano lì, di spalle uno all’altro, in una figurazione teatrale di assurdo completo. Dopo un paio di minuti il vigile urbano disse: “…va bene, non ti faccio la multa, però adesso smetti, è assurdo che tu reagisca così…”. La ragazza allora si volse, lo osservò per un attimo accorgendosi che anche lui la stava guardando, cercò di sorridergli per mostrare la sua gratitudine, ma riuscì solo ad avere un nuovo attacco di pianto, con forti singhiozzi, fino al punto che il vigile urbano si rese ben conto che c’era qualcosa di assolutamente più serio, di una semplice multa, che faceva soffrire così quella ragazza. Le chiese soltanto se poteva esserle utile, cercò di instaurare un dialogo, mentre aveva già voglia di stringerla, di accarezzarle i capelli, di consolarla da qualsiasi dolore lei si sentisse oppressa in quel modo, ma la ragazza, messo il guinzaglio al suo Pinco con una mossa veloce, aveva iniziato a camminare con passo spedito verso il cancello d’ingresso di quel minuto giardino, e in pochi passi era sparita alla vista del vigile urbano, che in un attimo era rimasto da solo, pieno di dubbi su tutto, ma soprattutto continuando a chiedersi cosa, perché, dove avesse sbagliato.

            Bruno Magnolfi


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