Le
due donne non si conoscevano, e si erano recate in quel centro commerciale per
ragioni diverse. Elena non voleva farsi trovare in casa quando sarebbe tornato
suo marito, era in collera con lui, e da un po’ di tempo le cose tra loro non
andavano bene. Franca invece aveva solo voglia di vedere un po’ di gente, farsi
un giro senza impegno e sperare di incontrare qualcuno da salutare. Ambedue
avevano girato tra i tanti negozi della galleria, erano entrate a provarsi una
gonna o una camicetta, poi si erano trovate vicine quando il ladro era uscito
di corsa dal Computer Center. Era assurdo rubare qualcosa là dentro, lo sapeva
anche un bambino, c’erano gli allarmi, le guardie private, tutta la gente, era
impossibile uscire da lì indenni. Eppure era successo, e quando quel ragazzo,
con in tasca semplicemente un telefono, era inciampato nella foga di correre,
si era trovato a rotolare per terra proprio sui piedi di Franca. Lei si era
chinata, lo aveva guardato per una attimo in faccia, poi gli aveva teso una
mano per aiutarlo a rimettersi in piedi. La guardia era arrivata trafelata dopo
un minuto, ma in mezzo a tutta la folla non si era resa conto che il ladro era
lì, e aveva continuato a cercarlo più avanti, forse sperando che qualcuno lo
avesse fermato. Elena, accanto, aveva visto tutta la scena, e si era avvicinata
ancora di più cercando di capire che cosa accadesse e come mai quel ladruncolo
non veniva consegnato alla guardia. Le due donne si erano date soltanto
un’occhiata, forse trovando un’intesa, mentre il ragazzo, con i capelli
leggermente arruffati, mostrava un’espressione del viso talmente spaurita che
era impossibile non avere pena per lui. Intanto altre persone stavano
accorrendo, e le due donne, senza neppure parlarsi, avevano preso sottobraccio
il ragazzo con il fare più naturale del mondo, allontanandosi con calma da lì.
“Ma cosa hai rubato?”, chiese Elena sottovoce al ragazzo, quando furono in una
zona tranquilla, e lui, che probabilmente adesso era preda della vergogna, si
mise a piangere lentamente, coprendosi il viso con una mano. Arrivarono così
fino alle porte scorrevoli, e il ragazzo, senza dire parola, se ne andò a passo
svelto per conto proprio, perdendosi in mezzo allo sterminato parcheggio per
auto. Le due donne allora si presentarono, si sentivano accumunate da qualcosa,
ma il loro imbarazzo era forte, così non riuscivano a trovare l’argomento più
adatto per potersi spiegare. Certe volte all’interno di una qualunque persona
convive un istinto superiore a qualsiasi volontà razionale. E’ difficile
manifestare questa proprietà senza condizioni speciali, però in certi casi
succede, ed è come un riscoprire se stessi, un trovare dentro di sé qualcosa
che fino ad un attimo prima non era ritenuto possibile. Elena e Franca
guardandosi si sentivano migliori di quello che avevano pensato fino ad allora
ognuna di sé: non era soltanto la solidarietà con un ragazzo che non sa neppure
cosa sta combinando, era qualcosa di più; era la coscienza secondo la quale
decidere in qualsiasi momento dove sta la linea di discrimine tra ciò che è
importante e ciò che invece non lo è affatto. Troppo tempo, sembravano dirsi,
avevano trascorso loro due a confondersi con luoghi comuni, consigli di altri
seguiti alla lettera, comportamenti e pensieri normali per persone che da
adesso non si sentivano più. C’era altro da fare e pensare, e da quel momento
sapevano che dipendeva da loro. Poi le due donne risero quando decisero di
prendersi assieme un caffè dentro al bar del centro commerciale. Non c’era
niente di male in tutto quel loro percorso, forse ogni cosa deve essere
raggiunta solo con uno sforzo o con un sacrificio che spesso spaventa, ma a
volte la solidarietà è superiore a ciò che si immagina, e adesso ne erano
pienamente coscienti.
Bruno
Magnolfi
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